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Questo articolo è stato pubblicato il 18 novembre 2010 alle ore 19:50.
Borse imprevedibili, guerre valutarie fra paesi e rischio contagio della crisi irlandese: competere sui mercati globali si presenta come una sfida sempre più complessa a cui vanno trovate soluzioni adeguate. A discuterne, in occasione del 7° Annual Economia & Finanza organizzato dal Gruppo24Ore, imprenditori ed esponenti del mondo finanziario che hanno delineato alcuni punti critici da affrontare per aumentare la competitività del sistema Italia.
I mercati e le regole
Di fronte all'instabilità dei mercati è tornata la voglia di regole. Il vero problema però rimane quello dell'efficacia delle norme: un'eccessiva regolamentazione rischia infatti di provocare l'effetto contrario a quello desiderato, non proteggendo le nostre aziende sui mercati globali, ma diminuendone la competitività rispetto a quelle dei paesi emergenti. «Lo scenario è cambiato rispetto al passato – ha spiegato Alberto Saravalle dello studio Bonelli Erede e Pappalardo - e il rischio è che di fronte all'inefficacia delle norme ci si affidi agli opportunismi».
È ciò che sta accadendo con la guerra dei cambi, un rischio per un'economia come quella italiana con una forte vocazione alle esportazioni: «In una situazione in cui le economie sono spinte dall'export è ovvio che una delle leve che viene presa in considerazione è quella dei cambi – ha sottolineato Matteo Fornara portavoce della rappresentanza milanese della Commissione Europea – il problema è piuttosto che in Europa alla creazione uno spazio monetario unico non è coinciso un coordinamento delle politiche economiche e fiscali».
Il rischio protezionismo
Un altro rischio è che il proliferare di regole non sempre effettive favorisca l'emergere di un protezionismo strisciante. «Quello che sta aumentando è il protezionismo occulto, con una regolamentazione che diventa limite alle importazioni, non solo in Cina, ma anche negli Stati Uniti, il che è più preoccupante» ha sottolineato l'industriale del caffè Riccardo Illy. L'obiettivo, emerso dal dibattito è quello di trovare la giusta misura fra la necessità di sostenere le imprese nella competizione globale e il protezionismo vero e proprio, una sfida che riguarda anche l'Italia. «Anche in merito alle leggi di tutela sul made in Italy – ha aggiunto Carlo Mazzi vicepresidente del gruppo Prada in merito alla tutela delle produzioni italiani - dobbiamo tenere che il protezionismo non ha mai dato risultati positivi, anzi tutela l'inefficienza e disincentiva l'ammodernamento».