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Finanza e Mercati In primo piano

I possibili shock che pesano sulla ripresa e sui mercati nel 2011

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Questo articolo è stato pubblicato il 07 gennaio 2011 alle ore 08:05.

Molte le previsioni ottimiste sul 2011. Soprattutto per l'azionario, grazie alla liquidità che è regina dei mercati. Ci sono, però, incognite. Possibili Cigni neri che volano, secondo gli esperti, un po' qua un po la. Senza alcuna pretesa di completezza, e ricordando che si tratta di puro esercizio teorico, ecco qualche black swan.

La battaglia tra Tea party e Ben Bernanke

Un Cigno nero? Potrebbe volare dalle parti della Fed e del Congresso Usa. Il governatore Ben Bernanke da tempo deve affrontare una fronda nel comitato monetario della Riserva federale. Adesso si aggiungono i repubblicani, nuova maggioranza al parlamento, contrari da sempre alle sue spinte ultra-espansive. Si obietta: un impasse non rilevante. Non proprio. L'acquisto di titoli di stato americani varato a novembre, 600 miliardi di dollari (cui se ne aggiungono altri 300 dal reinvestimento in Treasury delle agenzie "detenute" dalla Fed), serve in gran parte ad acquistare il debito emesso per sostenere la spesa di Barack Obama (il Tesoro emette bond, la Fed li compra e Washington spende i soldi) . Ebbene, in questo meccanismo non sono ricompresi né il rifinanziamento dei due colossi parastali dei mutui Fanny Mae e Freddy Mac, né i municipal bonds. Alla fine, sarà necessario o un incremento del Q2, oppure il varo di un Quantitative easing 3. E qui c'è il problema. Lo stallo, se ci sarà, tra il Congresso e la Fed potrebbe essere dirompente. Anche perché, i debiti di diversi stati federali hanno ormai superato i livelli di guardia. Passività di cui si parla poco ma che pesano come macigni negli Usa.

Europa senza euro
L'insostenibile pesantezza del debito, quello pubblico. Tale da far sparire l'euro. Una simile suggestione, un po' di tempo fa, sarebbe state liquiditata come follia. Un vero e proprio Cigno nero. Oggi l'ipotesi non è più esclusa a priori. Le sue conseguenze? Secondo alcuni molto pesanti, almeno nell'immediato. Senza la divisa di Eurolandia, dice Ing, il Prodotto interno lordo dell'Europa centrale, nel 2011, cadrebbe del 5 per cento. In particolare, il Pil scenderebbe del 9,1% in Grecia, del 6,6% in Italia, del 4% in Francia e del 6,5 per cento in Spagna. Anche la Germania, vera locomotiva d'Europa, dovrebbe ingranare la retromarcia: la ricchezza lorda prodotta calerebbe del 3,8 per cento. Insomma, sarebbe recessione: il crollo della domanda interna non viene controbilanciato, per chi è in grado di farlo, dall'aumento dell'export. Il segno meno, peraltro, resiste anche nel 2012: Berlino (-1,8%), Parigi (-2,5%), Roma (-3,7%) e Madrid (-3%) vanterebbero una crescita negativa.

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La bolla del credito cinese
Di Cigni neri che volano oltre la Grande muraglia ne è piena la testa di economisti e strategist. Lì, in quel di Pechino, a torto o ragione, vengono visti molti potenziali rischi. Tra questi: lo scoppio della bolla del credito. Scrive Intesa Sanpaolo nel suo scenario macro-economico: «Il credito continua a crescere a ritmi elevati (19,8% a novembre) ...e simile è stata la dinamica degli aggregati monetari M1 e M2»; poi, il nuovo credito a novembre «era solamente 53 milioni di yuan al di sotto del target di 7.500 milioni per l'intero 2010 che è destinato a essere superato»; insomma, i rialzi del coefficiente di riserva obbligatoria per il 2010 e la moral suasion della Banca centrale, «non sembrano aver sortito gli effetti sperati né sulla crescita degli aggregati creditizi né sugli invetimenti che hanno beneficiato di tassi reali in calo per tutto il 2010». Alla fine, c'è la necessità di un rialzo dei tassi. Il che però non è così scontato viste le reticenze di Pechino su questo fronte.

Il mercato immobiliare americano
Lo sappiamo: tutto ha avuto inizio dal real estate americano. Un settore che, attualmente, resta un'incognita. In molti, a inizio 2009, sostenevano la ripresa delle vendite di appartamenti e dei prezzi. Così non è stato. A fine dicembre scorso, la pubblicazione dell'indice Case-Shiller ha mostrato un rallentamento del mercato: i prezzi delle case, nelle 20 principali città, sono calati a ottobre dello 0,8% annuo, peggio di quanto attendevano gli analisti. Una situazione che, nel mondo del mattone, disegna il cosiddetto double dip. C'è chi, quindi, immagina un possibile Cigno nero dalle parti degli immobili americani, dove peraltro i pignoramenti continuano: «Alla fine del terzo trimestre 2010 - scrive il sempre attento Icerbergfinanza- 450 miliardi di dollari di ricchezza immobiliare è stata pignorata, ovvero un terzo delle abitazioni private non acquistate con mutuo delle agenzie governative».

La dinamica del real estate, poi, è rilevante per spingere l'occupazione di Mr e Mrs Smith. La Riserva federale di San Francisco, in una sua news-letter, ha indicato che «l'attuale incremento della disoccupazione è in buona parte attribuibile a fattori non strutturali»: il primo è l'allungamento del prolungamento dei sussidi di disoccupazione che disincentivano la ricerca di un nuovo lavoro; il secondo è la continua crisi del settore immobilare, dove si registra un tasso di disoccupazione del 20%, cioè ben al di sopra della media.

La Santabarbara spagnola...
In Spagna il Cigno nero sarebbe "infilzato" con banderillas del torero (è solo un'immagine, che gli animalisti non insorgano!) . Ciò detto, il rischio contagio del debito sovrano tra i paesi perifici di Eurolandia ha in Madrid l'ultima barriera: la linea del Piave. L'eventuale caduta del Portogallo non sarebbe disastrosa. La sua adesione, dopo Grecia e Irlanda, al piano di salvataggio europeo potrebbe essere digerita con i meccanismi messi in piedi nel maggio 2010. Ben diversa, invece, è la situazione nel caso di un attacco speculativo efficace a Madrid. Per la Spagna sarebbero sufficienti a malapena i nuovi fondi istituiti in capo all 'Efsf. Un boccone troppo grande da far mandare giù al Vecchio continente che cresce (eccezione fatta per la Germania) a ritmi troppo lenti.

...con l'esposizione bancarie
Anche perché la situazione delle banche spagnole non è rosea: la Banca di Spagna (come rileva ampiamente Fabio Pavesi) ha quantificato le sofferenze nel mondo bancario iberico in 100 miliardi di euro, un livello che non si vedeva dal 1996. E non basta: secondo uno studio di Ubs, i dati della Banca centrale iberica non considerano tutti i prestiti su cui c'è un rischio concreto di non rientro. Questa tipologia di crediti sarebbero oltre il 10% degli attivi degli istituti spagnoli. Prestiti particolarmente a rischio anche perché il sistema bancario del paese, con l'Irlanda, è quello che vanta la maggiore esposizione verso i privati, soprattutto nel settore immobiliare. Anche qui, insomma, il Cigno nero potrebbe sbattere le sue ali. Con la considerazione che lo stato di salute delle banche, non solo spagnole, resta comunque una possibile mina vagante. Con, o senza, Basilea III.

L'azzardo morale
C'è poi un Cigno nero, per così dire, di sistema: il moral hazard. In macroecononomia si tratta, letteralmente, dell'assunzione di un rischio eccessivo, nella consapevolezza che l'eventuale costo ricada su altri, sulla collettività. È un po' quello che sembra stia accadendo nei mercati finanziari. Walter Riolfi ha lucidamente scritto che a Wall Street si è affermata la volontà, di fatto, «di ritornare tout court agli anni in cui il credito facile e la finanza creativa, facevano correre il Pil». L'annacquata riforma del sistema finanziario (la legge Dood Frank), i passi indietro del presidente Obama su questo fronte (dopo la sconfitta nelle lezioni del Mid term) non fanno che confermare il trend. Tutte le previsioni del 2011 sull'azionario parlano di un buon anno per i listini Usa. Il motivo? La liquidità presente nei mercati, cui continua a contribuire la Federal reserve americana a piene mani. Non proprio un sostegno sano, da fondamentali robusti si direbbe, al rally di Borsa. In molti si butterranno a capofitto per portare a casa la plusvalenza. Sicuri che i pasti gratis in economia non esistono ma che, come è capitato nel recentissimo passato, il conto non lo pagheranno loro, né verrà portato a quelli che stanno seduti al tavolo a fianco. Bensì, a quelli che stanno fuori dal ristorante, con la faccia schiacciata sulla vetrina.

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