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Questo articolo è stato pubblicato il 12 gennaio 2011 alle ore 07:49.
Il ministro del Tesoro Usa Timothy Geithnerha lanciato l'allarme pochi giorni fa: «Il tetto del debito pubblico americano va alzato o si rischia il default». Adesso, seppur con un report generale sui debiti sovrani di molti paesi occidentali e del Giappone, torna in qualche modo sull'argomento Citi. Ebbene, la banca statunitense sottolinea che i dati fiscali Usa sono «appiattiti» dalla decisione contabile di non consolidare il debito dei due colossi dei mutui: Fannie Mae e Freddie Mac. «Nel terzo trimestre 2010 -scrivono gli esperti - le passività e le minusvalenze di Fannie Mae erano poco sopra 3,2 trilioni di dollari; quelle di Freddie Mac poco al di sotto a 2,3 trilioni. La loro somma, 5,5 trilioni, equivale a 37% del Pil annuale statunitense». Ebbene, se questa montagna di debiti fosse consolidata al bilancio federale «spingerebbe nel 2010 il debito lordo» di Washington «al 130% del Prodotto interno ; lo stesso livello di quello greco, ma con un deficit più alto rispetto a Atene».
Certo, «nel bilancio delle due società parastatali ci sono anche diverse attività» che se contabilizzate al loro fair value, renderebbero di fatto neutrale l'impatto delle passività e minusvalenze sul debito netto americano. Certo, il precedente calcolo di Citi è, in qualche modo, puramente teorico. E certo, la posizione debitoria (e non solo) degli Stati Uniti non può paragonarsi a quella ellenica, vista la potenza economica, tecnologica e militare di Washington. Tuttavia, colpisce che l'esercizio contabile sia fatto da una grande banca americana. Ulteriore indizio, se ancora ce ne fosse bisogno, della gravità del problema anche in quel di Washington.
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La Grecia finirà per ristrutturare il debito
Un problema, purtroppo, che in Europa si conosce bene. E che Citi passa ai raggi X senza fare sconto ad alcuno. Proprio la Grecia, per esempio, «è lo stato dell'Eurozona che ha la maggiore probabilità di affrontare la ristrutturazione del debito». L'alto deficit fiscale (9,6% del Pil nel 2010); l'enorme debito pubblico e le basse prospettive di crescita rendono la situazione insostenibile. Di più: il necessario incremento delle entrate fiscali, è il ragionamento di Citi, dovrebbe essere sostenuto da un maggiore "consenso" sociale rispetto al prelievo fiscale. Al contrario, il condono voluto dal governo (in contrasto con la troika Fmi, Bce e Ue), non fa altro che alimentare l'evasione fiscale e altri comportamenti non virtuosi da parte dei contribuenti.