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Finanza e Mercati In primo piano

La stretta monetaria cinese sortisce pochi effetti. Anche Tokyo in aiuto dell'Eurozona

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Questo articolo è stato pubblicato il 11 gennaio 2011 alle ore 11:32.

La politica di stretta monetaria della Cina (messa in atto aumentando il coefficiente di riserva obbligatoria delle banche e rialzando i tassi) non ha sortito gli effetti desiderati. Lo dimostrano i dati pubblicati dalla Banca Centrale sui nuovi prestiti concessi dalle banche cinesi nel 2010. Il totale ammonta a 7.950 miliardi di yuan (926,7 miliardi di euro), oltre l'obiettivo di 7.500 miliardi di yuan nel 2010 che Pechino aveva fissato per l'intero anno.

Le mosse anti-inflazione
Per combattere l'inflazione e la speculazione immobiliare, la Banca centrale cinese ha alzato alla fine del 2010 il tasso base per due volte in meno di tre mesi (l'ultimo ritocco il giorno di Natale). L'Istituto centrale ha inoltre alzato per sei volte nel 2010 il tasso sulla riserva obbligatoria. L'obiettivo di queste misure era quello di limitare l'aumento del volume di offerta di credito e denaro, che si è espanso rapidamente negli ultimi due anni innescando la crescita dei prezzi. Una bolla generata dal mercato immobiliare le cui quotazioni sono cresciute a ritmo sostenuto negli ultimi anni. Per raffreddare la corsa del mattone peraltro, Pechino ha recentemente scelto di adottare, per la prima volta nella sua storia, una sorta di Ici, un'imposta sugli immobili a partire da quelli di lusso.

Le riserve in valuta estera della Cina
Continua poi a crescere la voce riserve di valuta estera salita, alla fine del 2010, alla quota record di 2.847 miliardi di dollari. Le riserve valutarie sono aumentate del 18,7% anno su anno, secondo i dati della People Bank of China (Pboc). Le riserve della Cina sono le più alte del mondo, gli analisti concordando sul fatto che sono ancora pesantemente basate in dollari. Le riserve sono salite rapidamente negli ultimi anni con l'afflusso di investimenti stranieri in Cina, il forte surplus commerciale e, in parte, con l'entrata di una massa di denaro speculativo. Una parte è investita in titoli del Tesoro Usa. Ma cresce anche la quota di titoli dell'eurozona in pancia al governo di Pechino. Secondo le stime diffuse nei giorni scorsi dal quotidiano economico francese La Tribune, la Banca centrale cinese (Bcc) controlla il 7,3% circa del debito pubblico dei paesi della zona euro, per una cifra vicina a 630 miliardi di euro.

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Pechino ha detto di voler aiutare l'Eurozona a far fronte alla crisi dei debiti sovrani acquistando i titoli dei paesi a rischio. Lo ha iniziato a fare con i titoli spagnoli. La notizia di oggi è che sarà affianzato in questa operazione anche dal Giappone. Il ministro delle finanze Yoshihiko Noda, ha annunciato infatti che il suo governo ha programmato oggi di acquistare obbligazioni del Fondo di stabilità finanziaria europea (Efsf) per contribuire a stabilizzare l'area dell'euro. Lo riporta l'agenzia Jiji. «È opportuno che il Giappone, un paese importante, acquisti una certa percentuale» delle obbligazioni che l'Efsf si prepara a emettere, ha spiegato Noda in una conferenza stampa, aggiungendo che questo acquisto giapponese rafforzerebbe «la credibilità» dei titoli europei. Circa la quantità che Tokyo é pronta a mettere sul tavolo, Noda ha parlato «di circa il 20%» dei fondi che metterà sul mercato l'Efsf nella sua prossima emissione di obbligazioni. Lo riporta il quotidiano economico Nikkei

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