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Marchionne stempera la polemica su Fiat: il quartier generale dell'azienda resta a Torino

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Questo articolo è stato pubblicato il 04 febbraio 2011 alle ore 22:11.

Nessuna localizzazione, «né per l'oggi nè per il domani», delle funzioni direzionali e progettuali di Fiat all'estero. Lo ha assicurato l'ad di Fiat Sergio Marchionne al Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Maurizio Sacconi, nel corso di un colloquio telefonico. Una nota del ministero, indica che «il dottor Marchionne ha spiegato il senso delle ipotesi formulate con esclusivo riferimento a futuri e possibili, ma assolutamente non decisi, assetti societari».

La situazione, peraltro, rimane piuttosto fluida. Dopo il comunicato sulla telefonata tra Sacconi e Marchionne, è intervenuto il sindaco di Torino Sergio Chiamparino: il presidente della Fiat John «Elkann mi ha spiegato - ha detto il primo cittadino del capoluogo piemontese - che la strategia dell'azienda prevede l'integrazione con Chrysler e che ci saranno più centri direzionali nelle aree dove c'è una forte presenza di mercato: una a Torino per l'Europa, una Detroit per gli Usa, una in Brasile e se possibile una in Asia». Come dire insomma che, certo la Fiat rimarrà in Italia, ma che, com'era prevedibile, la globalizzazione rende meno rilevante Torino, e il Bel Paese in generale.

Dal canto suo, il presidente della Regione Piemonte, Roberto Cota, ha assicurato che la Fiat non lascerà Torino per Detroit. Il governatore leghista ha detto: «Non può essere così, io vigilerò come presidente della Regione». Quindi ha raccontato di essere reduce da una «visita negli Usa dove ho visto gli stabilimenti della Chrysler: quel tipo di investimento fatto lì è lo stesso che verrà fatto a Mirafiori. La sfida non è andare via ma di aumentare i posti di lavoro».

Com è noto la polemica è scoppiata sull'ipotesi che Fiat e Chrysler possano fondersi in un unico gruppo con sede negli Stati Uniti. Lo ha detto ieri l'amministratore delegato del Lingotto, Sergio Marchionne , collocando tale eventualità, esaminata insieme ad altri scenari, nell'arco di 2-3 anni. E ciò- secondo quanto riportato da Automotive News - non succederebbe comunque prima che Chrysler abbia rimborsato i prestiti del governo degli Stati Uniti che hanno impedito al gruppo statunitense di andare in utile e fino a quando non ci sarà un collocamento della società in Borsa, fatti entrambi che dovrebbero succedere entro il 2011.

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«Chi lo sa? - ha detto Marchionne -. Nei prossimi 2 o 3 anni potremmo cercare (di costruire, ndr) una sola entità che potrebbe avere sede qui». Secondo il numero uno di Fiat le società stanno considerando un certo numero di «alternative e di scenari. Prima abbiamo bisogno di integrarle operativamente e dopo di guardare alla loro governance».

Fiat e Chrysler sono «una delle dimostrazioni di come l'industria automobilistica sia cambiata con la crisi», stanno portando avanti un processo «di integrazione culturale basato sul rispetto reciproco e sull'umiltà, dove non c'è spazio per il nazionalismo o l'arroganza di quelli che ritengono di saperne di più».

«Le due società - ha aggiunto Marchionne - sono perfettamente complementari in termini di prodotto, architetture e presenza geografica. Di recente alcune pubblicazioni hanno sollevato il nodo della successione di Chrysler e Fiat, con una che si è chiesta cosa sarebbe accaduto se io avessi lasciato. Questo è un esempio della tendenza a mitizzare gli amministratori delegati e il mito è basato sull'idea sbagliata che una persona può risolvere tutta da sola i problemi di un'azienda. Ritengo che il vero valore di un amministratore delegato dovrebbe essere misurato in termini di impatto umano sull'organizzazione e di capacità di scegliere i giusti leader e metterli al posto giusto», ha aggiunto precisando che i giusti leader «sono coloro che hanno il coraggio di sfidare le cose ovvie, che navigano su acque inesplorate, di rompere le convenzioni e le vecchie modalità di fare le cose».

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