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Questo articolo è stato pubblicato il 22 febbraio 2011 alle ore 08:42.
L'indice Nikkei della Borsa di Tokyo ha chiuso la sessione odierna in netto calo, lasciando i massimi da 9 mesi e mezzo per la prima volta da sette giorni, a causa di prese di profitto conseguenti ai disordini scoppiati in Medio Oriente. Inoltre, in mattinata Moody's ha tagliato l'outlook sul debito del Giappone da stabile a negativo, lasciando invariato il rating Aa2.. A essere maggiormente colpite dal downgrade le banche (Moody's ha infatti tagliato l'outlook delle tre più grandi banche nipponiche da stabile a negativo). Le prese di profitto hanno colpito anche Toyota che è scesa del 2,6%.
Il Nikkei ha chiuso in calo dell'1,78% a 10.664 punti. L'indice era sceso ai minimi da due settimane a 10.639,78. Il Topix arretra dell'1,8% a 956,70 punti.
Il taglio del rating
Secondo Moody's il governo nipponico non sta facendo abbastanza per affrontare l'onere del debito pubblico Prese di mira, in particolare, le ultime politiche economiche e fiscali, considerate dall'agenzia di rating statunitense non abbastanza forti per contenere il disavanzo e, di conseguenza, il debito pubblico, ampiamente al di sopra rispetto a quelle delle altre economie avanzate.
Il taglio di oulook da parte di Moody's segue la decisione di Standard and Poor's di tagliare per la prima volta in nove anni, il mese scorso, il rating sul Giappone motivando la decisione per la mancanza di «una strategia coerente» per frenare l'emorragia del debito pubblico.
Le stime, infatti, indicano che il debito pubblico giapponese dovrebbe superare quest'anno il doppio del Prodotto interno lordo e dovrebbe portarsi al 210% del Pil nel 2012, il più alto tra i paesi monitorati dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, rispetto a una stima del 101% per gli Stati Uniti.
Giù le Borse asiatiche
La decisione di Moody's e l'accentuarsi delle tensioni in Medio Oriente (con la Libia nel caos) contribuiscono ad affossare anche le altre piazze asiatiche. Shanghai cede il 2,68%, Hong Kong e Singapore perdono l'1 per cento.