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Questo articolo è stato pubblicato il 09 agosto 2011 alle ore 08:10.

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I mercati sono preoccupati. La politica, che avrebbe dovuto salvare il mondo dalla crisi, non mostra abbastanza leadership, e si muove in modo maldestro; mentre le prospettive per la crescita non sono rassicuranti. I timori di un double-dip, una seconda recessione, sono eccessivi, ma le incertezze crescono.

Non sorprende allora che si sia affacciata una terza questione, avanzata da Bruce Kasman di JPMorgan: il dubbio sull'efficacia delle politiche economiche. I deficit fiscali, a volte colossali, e i tassi allo zero stanno davvero dando una mano? Il 'fondamentale' da guardare è uno solo: il lavoro: e in diversi Paesi avanzati la disoccupazione resta alta.
La domanda è importante, ora che si apre una fase in cui i risanamenti dei conti pubblici potranno frenare, soprattutto nel breve termine, l'attività economica: il 2012, in particolare, potrebbe risultare piuttosto duro in diversi Paesi, e JPMorgan calcola per gli Stati Uniti 1,7 punti percentuali di crescita in meno.

In una situazione simile, è la politica monetaria che è chiamata a dare un sostegno alle imprese e ai mercati. Non a caso gli investitori si aspettano - o forse sperano - molto dai banchieri centrali. Si parla sempre più spesso di un QE3 da parte della Fed, una terza ondata di acquisti di titoli di Stato, si discute sulla possibilità che la Bce sia chiamata a rinviare almeno il prossimo rialzo dei tassi (Trichet non ha forse sottolineato più volte quanto siano diventate incerte le prospettive di crescita?), si osserva il Giappone e la Svizzera che, proprio su questo fronte, stanno facendo da apripista. Con questo scenario di fronte, qualche operatore si è anche spinto a fare un parallelo, sfavorevole, tra il 2011 e il 2008; perché alla crisi del credito e a quella delle valute, si è aggiunta ora quella dei titoli di Stato.

Era un evidente grido di aiuto lanciato alle politiche economiche che, però, sembrano aver esaurito le munizioni a disposizione. Forse, allora, tocca agli investitori prendere le redini. Mantenendo sangue freddo. Perché, come ricordano Neil Dutta ed Ethan Harris di Bank of America Merrill Lynch, le interazioni tra mercato ed economia ci pongono di fronte a due possibilità: o gli scivoloni, riducendo la fiducia e irrigidendo le condizioni finanziarie, trascineranno con sé l'economia reale, o l'economia riuscirà a superare il 'rumore' e convincere i mercati che i fondamentali non giustificano tanto pessimismo. Non si tratta di colorare la realtà per farla apparire migliore: la (cattiva) esperienza italiana insegni. Si tratta di leggerla tutta. Sì, le incertezze imponevano una correzione, il settore bancario resta in difficoltà, la crisi di Eurolandia non è risolta; ma si è evitato il default Usa, l'Italia si sta muovendo nella giusta direzione, la Bce è intervenuta, molte aziende americane sono piene di utili e sembrano poco intenzionate a tagliare posti o investimenti. Ieri i bond - sotto l'ala protettrice della Fed - hanno reagito con misura al downgrade Usa. Forse, allora, non è impossibile sperare che anche sull'azionario si possa cominciare a individuare qualche buon affare.

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