Allentamento o sarà comunque super yen

Arriverà o non arriverà il terzo round di quantitative easing (Qe3) della Fed? È questa la domanda che assillerà i mercati fino a domani, quando Ben Bernanke prenderà la parola al meeting di Jackson Hole. Dalle sue parole, più o meno esplicite, dipenderanno molte cose.

I fautori dell'allentamento monetario lo invocano per ridare fiato a un'economia statunitense che dà già segnali di stanchezza, prima ancora di essere guarita dalle ferite della recessione. Ritmi di crescita e consumi più robusti negli Usa farebbero da traino per le altre aree economiche del mondo. L'annuncio, o anche solo l'accenno, a un QE3 potrebbe aiutare anche a riportare un po' di stabilità sui mercati. Difficile prevedere se una terza iniezione di liquidità in tre anni potrà davvero avere un tale effetto demiurgico: i due precedenti tentativi non hanno rovesciato il corso degli eventi, l'hanno solo reso meno doloroso. Invece, si può prevedere con maggiori probabilità di successo una cosa che difficilmente potrà cambiare, arrivi o non arrivi il Qe3: il rapporto di forza tra il dollaro e lo yen. Anzi. Se non dovesse arrivare il quantitative easing, potrebbero accentuarsi i timori di una ricaduta in recessione. Questo spingerebbe i mercati ancora di più sui beni rifugio: oro, franco svizzero e yen, appunto. Se invece l'allentamento monetario dovesse arrivare, di sicuro non rafforzerebbe il dollaro. Con buona pace del Governo giapponese, del resto ormai abituato a perdere le sue battaglie contro l'apprezzamento della moneta (ma ne ha appena intrapresa un'altra). Il 19 agosto lo yen ha toccato il record sul dollaro, scambiato a quota 75,95. Quando l'attuale premier Naoto Kan (che si dimitterà proprio domani) entrò nel governo Hatoyama come ministro delle Finanze, l'8 gennaio del 2010, per prima cosa disse che il rapporto «giusto» tra dollaro e yen era a quota 95. Quel giorno il cambio era a 92,3. Andare contro i mercati è arduo per tutti.

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