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Questo articolo è stato pubblicato il 01 maggio 2012 alle ore 12:28.
BUENOS AIRES - Le frontiere non sono mai state nell'agenda della politica brasiliana. È andata così per 500 anni. Il Brasile, per cinque lunghi secoli, ha accolto indigeni ed esploratori che entravano e uscivano dal Paese; uomini, animali e merci attraversavano i confini senza controlli. I politici si occupavano di altre questioni, quelle di un Paese grande. Che ora però è diventato anche un grande Paese e aspira, legittimamente, a entrare nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite assieme ai cinque grandi, Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Russia e Cina.
La vigorosa crescita economica degli ultimi dieci anni ha imposto nuove priorità, una di queste è il controllo dei 16mila chilometri di frontiere: immigrazione illegale, contrabbando, traffico di droga, controllo dei pozzi petroliferi offshore, patrimoni naturalistici.
Ecco perché il Governo di Dilma Rousseff sta disegnando il Paed (Plan de articulacion y Equipamento de Defensa); si tratta di un gigantesco piano economico-militare che sarà presentato al Congresso di Brasilia nelle prossime settimane. Il Paed, studiato dal ministro della Difesa Celso Amorim, una delle figure più autorevoli della politica brasiliana, prevede investimenti compresi tra 30 e 35 miliardi di dollari, spalmati nei prossimi venti anni.
Un investimento «ineludibile», così lo definisce il generale di Stato maggiore, José Carlos de Nardi, il "tecnico" che lavora sul tema Difesa: «Sì perché - spiega de Nardi - il Brasile è uscito dalla fase di abbandono delle proprie forze armate e ora si pone come un Paese con capacità di controllo militare adeguate alla quinta potenza economica mondiale».
Tra le iniziative che sono già decollate vi è la fabbricazione di quattro sottomarini diesel e del primo sottomarino a propulsione nucleare del Brasile. Poi una flotta di superficie, con l'acquisizione di cinque nuove fregate di 6mila tonnellate, la costruzione di altre cinque navi deputate al controllo dei confini da 1.800 tonnellate e poi altre cinque da 500 tonnellate. Queste grandi navi verranno utilizzate per proteggere i 7.491 chilometri di coste, il bacino del Rio delle Amazzoni e l'area definita Amazonia Azul, ovvero quella dei giacimenti petroliferi recentemente scoperti. Si tratta di un'estensione (l'area definita pre-sale) con riserve stimate in 100 miliardi di barili di petrolio.
Poi la super commessa di 36 aerei caccia che il presidente Rousseff deve decidere se acquistare da Boeing (F-18 Super Hornet), dalla svedese Saab (Gripen NG) o dalla francese Dessault (Rafale F3).
La tutela delle frontiere non va riferita solo al controllo militare ma anche e forse soprattutto a preservare il patrimonio naturale, forestale e boschivo dell'Amazzonia. Quindi pattuglie fluviali e vere e proprie basi, centri operativi.
Nel caso brasiliano la Difesa assume un significato ben diverso da quello degli Stati Uniti o della Cina. È un nuovo concetto di sviluppo della sicurezza che prevede altre spese e altri investimenti. Il professor Enrico Lima de Figueiredo, direttore dell'Istituto di studi strategici e relazioni internazionali dell'Università federale fluminense di Rio de Janeiro spiega che «nessuno a Brasilia teme minacce militari convenzionali, bensì asimmetrie a livello internazionale. In altre parole la questione sicurezza è prevalentemente relazionata con la protezione di risorse naturali e l'obiettivo è quello di non esser derubati di patrimoni naturali e geologici. È una nuova pagina delle relazioni interne e internazionali».
Tanto che la protezione dei confini si avvale dell'aiuto del Centro di difesa cibernetica, che lavora con i satelliti, e prevede l'elaborazione di un sistema integrato di monitoraggio delle frontiere (Sisfron), attraverso satelliti, sensori, radar, aerei senza pilota e reti di comunicazione di ultima generazione.
Ecco perché ci sono ampi margini di collaborazione con imprese europee del settore. «Uno degli obiettivi di questa svolta - spiega il professor Alcides Costa Vaz, dell'Istituto di relazioni internazionali dell'Università di Brasilia - è quello di raggiungere standard di sofisticazione e strumentazione adeguati alla candidatura nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite».
Sul fronte delle commesse la vera partita politica si sta giocando sul fronte delle alleanze necessarie al raggiungimento di standard elevati di sicurezza. Gli Stati Uniti hanno offerto il loro appoggio e la loro expertise sul settore ma l'ultimo incontro tra Dilma Rousseff e Barack Obama non ha evidenziato una particolare sintonia su temi sensibili quali la sicurezza. Gli Stati Uniti contestano al Brasile una posizione diplomatica non sufficientemente critica con Cuba, Iran e Siria.
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