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Questo articolo è stato pubblicato il 31 maggio 2012 alle ore 15:35.

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È così minuscola, circondata da Paesi più grandi o comunque più noti per altri motivi, che qualcuno se la dimentica, nell'area balcanica. Eppure per la Macedonia, poco più di due milioni di abitanti, dall'indipendenza del 1991 molte cose sono cambiate e la fame di crescere e affrancarsi dalla povertà (il Pil pro capite è di 4.900 dollari) è forte.

D'altro canto basti pensare che il 42% della popolazione ha meno di 30 anni e solo il 13% ne ha più di 65. Che il 97% dei macedoni è alfabetizzato, e l'80% dei diplomati si iscrive all'università. Che il primo ministro, l'europeista Nikola Gruevski, classe 1970, è stato il più giovane capo di un Governo europeo (la prima volta era l'agosto del 2006) dopo il collega del Montenegro Igor Lukši.
«La Macedonia è un Paese vivo, che ha voglia di fare, dove è facile confrontarsi con i propri interlocutori» osserva Duccio Astaldi, presidente di Condotte, società che costruisce acquedotti e infrastrutture e che ha appena investito 15 milioni di euro in quattro centrali idroelettriche per un totale di 10 megawatt.

Un'operazione in corso di progettazione che darà lavoro fino a 150 persone. Inciderà dunque poco sul disastroso tasso di disoccupazione macedone (ufficialmente è 29,1%, in realtà supera il 30), ma dà un'idea di come gli investimenti diretti esteri che affluiscono a Skopje siano in crescita. Solo nel 2011, secondo la Banca nazionale, sono stati pari a 303,5 milioni di euro rispetto ai 159,1 dell'anno precedente. Oltre alla qualità della manodopera, confermata dallo stesso Astaldi che già «in questa fase organizzativa» ha trovato persone «brave, preparate e veloci nel compensare la mancanza di esperienza», c'è sicuramente un elemento di grande attrazione per le imprese: la flat tax al 10 per cento, tra le più basse d'Europa. Un atout a cui si uniscono la «rapidità e la trasparenza» sul fronte burocratico. Si capisce allora perché nella classifica di "Doing business report 2012", il rapporto sulla facilità di fare impresa stilato dalla Banca mondiale, il Paese sia balzato in 22esima posizione sui 183 presi in considerazione, dalla 34esima dell'anno precedente.

Il gruppo Sol, una delle oltre 100 aziende italiane in Macedonia, è lì dal 1995 e ha verificato direttamente i progressi compiuti in questi 17 anni: allora acquisì l'azienda pubblica di gas tecnici che Skopje aveva messo sul mercato, sino a oggi vi ha investito 30 milioni di euro. «Il sistema fiscale e la disponibilità del Governo a seguire gli investitori - dice Matteo Fumagalli Romario, amministratore nel gruppo - per noi sono stati importanti. Anche la posizione centrale del Paese nell'area balcanica ha un peso considerevole, perché da lì riusciamo a essere presenti negli Stati circostanti».
L'altra faccia della medaglia, però, c'è anche per Skopje. D'un lato, i contrasti con Atene, per via dell'incredibile vicenda del nome: in Grecia la più grande regione dello Stato si chiama "Macedonia", termine ritenuto dagli ellenici parte esclusiva della loro storia ed eredità culturale. Di qui la richiesta ai vicini dell'ex Jugoslavia di cambiare denominazione, e la loro analoga resistenza.

Un elemento che finora ha loccato le ambizioni di Skopje a entrare nella Nato e soprattutto nella Ue, nonostante lo status di candidato ottenuto nel 2005. Nel 2009 la Grecia ha posto il veto sull'inizio dei negoziati formali di accesso all'Unione, e sulla disputa del nome per ora non si vedono segnali di compromesso.
A questo si aggiunge il problema etnico all'interno dei confini macedoni: la convivenza tra la gran parte della popolazione, cristiano ortodossa, e la minoranza albanese (il 25% degli abitanti), di religione musulmana, è difficile. Le tensioni, assenti nell'epoca pre-indipendenza, sorgono periodicamente e anche in modo violento, come è accaduto a metà aprile con la strage di Radisani, un villaggio a nord della capitale, nel giorno della Pasqua ortodossa: cinque morti, di cui quattro ventenni, con successive manifestazioni contro gli albanesi e scontri con la polizia. O come è accaduto per il censimento previsto lo scorso ottobre, poi sospeso dal Governo per il disaccordo tra i partiti (uno dei quali rappresenta la minoranza albanese) sulle modalità con cui veniva realizzato.

Non va poi trascurata l'instabilità a livello regionale, a partire dalla "mina" Kosovo: Scopje ne riconosce l'indipendenza, a differenza di Serbia e Bosnia. Da un punto di vista politico-sociale, dunque, la Macedonia è forse troppo giovane e inquieta. Ma l'esame di maturità arriverà presto.

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