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Questo articolo è stato pubblicato il 21 giugno 2012 alle ore 06:44.

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L'esempio Carslberg («L'Italia è diventata un laboratorio a livello mondiale per il gruppo» sostiene Frausin) è una sintesi perfetta di come ricerca, innovazione e internazionalizzazione restino una combinazione spesso decisiva per rispondere alla crisi dei mercati maturi ed espandere le attività nelle aree a più alto tasso di crescita. Molto simile è il caso della Lindt, la multinazionale svizzera del cioccolato che, sempre a Induno, ha concentrato la produzione delle praline più vendute del gruppo, Lindor, «vincendo la concorrenza delle consociate di Svizzera, Francia, Germania e Austria» spiega il presidente Antonio Bulgheroni. «Così abbiamo potuto mantenere i livelli occupazionali». La metà dei Lindor che escono da Induno va all'estero.
La meccanica rappresenta il 60% dell'industria della provincia. Più del 20% del contributo all'export viene dai macchinari che nel primo trimestre 2012 hanno incrementato le vendite all'estero del 21,3% rispetto allo stesso periodo del 2011, in forte crescita rispetto al +14,4% dell'intero 2011. Per le macchine di impiego generale (motori ma anche valvole, turbine, pompe, cuscinetti, ingranaggi e organi di trasmissione) la crescita delle esportazioni nel trimestre ha sfiorato addirittura il 53%. Un altro settore di peso sull'export è la metallurgia (10,6%) che sempre nel trimestre ha registrato un incremento di oltre il 18% dopo il +25% del 2011.
Sull'innovazione e sui mercati esteri non si può improvvisare. Chi si è mosso per tempo oggi raccoglie i frutti. Come la Adr, multinazionale tascabile di Uboldo, che nell'89, non scoraggiata da un'esperienza negativa in Spagna, apre uno stabilimento in Francia. Oggi è capofila di un gruppo leader in Europa per la produzione di assi, semiassi, freni e sospensioni per macchine e rimorchi agricoli e industriali e per macchine per applicazioni speciali. Ha 7 stabilimenti dislocati in Italia, Francia, Polonia, Gran Bretagna, Cina e Brasile. Il mercato di riferimento è ormai quello globale. Flavio Radrizzani, figlio dei fondatori, è in Cina dove si fermerà ancora un paio di settimane per seguire la joint venture locale e l'altro stabilimento di proprietà. «Da qui in avanti il futuro prossimo è un'incognita - spiega - ma fino a maggio gli ordini sono andati benissimo, sui livelli 2011, forse qualcosina di più». Il vostro punto di forza? «La presenza estera. E, con prudenza, proseguiamo su questa strada nonostante il mercato si stia indebolendo. Abbiamo programmi che guardano oltre il brevissimo termine. Prima o poi l'economia ripartirà». La prudenza di Radrizzani è sulla parte finanziaria. Ma nei confronti delle banche si pone con autorevolezza: «Una volta erano loro a chiedere i nostri bilanci. Oggi è il contrario».
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Twitter:@chigiu Terza puntata
Le precedenti sono state pubblicate:
il 19 (Parma) e 20 giugno (Puglia)

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