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Questo articolo è stato pubblicato il 26 giugno 2012 alle ore 06:44.

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Calistri, che è anche presidente del consorzio Centopercento Italiano, una quarantina d'imprese dell'area pelle e calzature con 120 milioni di ricavi aggregati, quasi interamente realizzati sui mercati esteri, parla di un «trend di sviluppo del settore quest'anno nell'ordine del 7-8%» e indica nella filiera produttiva la «vera forza del distretto». A monte della pelletteria c'è il polo del cuoio e della pelle di Santa Croce sull'Arno, nel pisano, 600 aziende, 6mila addetti e 1,5 miliardi di giro d'affari, per il 75% legato alle esportazioni. «Molte delle nostre imprese non sanno come smaltire gli ordini prima dello stop estivo», conferma Piero Maccanti, direttore del consorzio Conciatori di Santa Croce.
Qui si produce il 90% del cuoio da suola di tutta Europa e perfino i cinesi vengono a comprare le pelli lavorate lungo le rive dell'Arno. «Il 25% della nostra produzione finisce nel Far East – spiega Maccanti –. Durante il biennio della crisi 2008-2009 ha sofferto solo chi lavorava nella fascia medio-bassa: il segmento di alta gamma ha sempre tirato e, anche adesso che siamo quasi tornati ai volumi del 2007, è un traino per tutto il distretto. Nel mondo – aggiunge – la nostra pelle è sinonimo di qualità e di flessibilità produttiva, di grande capacità di adattarsi ai momenti del mercato».
La filiera si allarga alla meccanica, alla gioielleria, al packaging. Per uno Stefano Ricci che realizza (rigorosamente) in casa borse per donna da 90mila euro di prezzo finale, pezzi unici con pietre preziose e pelli rare, molti marchi si affidano all'opera dei terzisti, per esempio nel comparto della minuteria metallica dove nascono fibbie e chiusure. Anche qui la domanda di manodopera è alta.
«Serve formazione», dice Lorenzo Pinzauti, titolare della Leofrance (dal nome dei figli: Leonardo e Francesca), azienda fiorentina del comparto meccanico che fornisce ai grandi marchi (i clienti sono una quindicina) tutti gli accessori in metallo per abbigliamento, pelletteria e scarpe, 60 milioni di fatturato (in crescita del 15% nel 2012) e 220 dipendenti, molti dei quali giovani. «L'età media dei nostri dipendenti è molto bassa, 34 anni, e abbiamo una netta prevalenza femminile – continua Pinzauti –. Il mercato tira, ma purtroppo le scuole professionali pubbliche non preparano i ragazzi: la capacità manuale e l'esperienza si formano in fabbrica, e noi facciamo molti stage, ma servirebbero anche corsi di studio più mirati alle esigenze delle imprese».
Il distretto toscano del lusso si prepara a formare migliaia di nuove leve per smaltire gli ordini in arrivo da tutto il mondo. Il sindaco di Scandicci, Simone Gheri, ha annunciato un bando per 3mila metri quadrati di laboratori e incubatori legati alla moda. Scuola di Alta pelletteria, con base anche a Pontassieve (oltre che a Scandicci), e il Polimoda di Firenze, un'eccellenza assoluta in ambito internazionale, sono le punte di diamante sul fronte della formazione che saranno chiamate a focalizzarsi sempre più sulla domanda del mercato del lavoro. «I giovani stanno riscoprendo il mestiere», ricorda Laura Chini. E alle porte del distretto bussano i disoccupati degli altri settori.
© RIPRODUZIONE RISERVATA Quarta puntata di una serie
Le precedenti già pubblicate: Parma (19 giugno), Puglia (20 giugno), Varese
(21 giugno)

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