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Questo articolo è stato pubblicato il 01 luglio 2012 alle ore 16:05.

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Sono costi "invisibili" che pure gravano sulle nostre telefonate dal cellulare e che costituiscono una discreta fonte di ricavi per gli operatori mobili (tra i 2,5 e i tre miliardi di euro). Si chiamano tariffe di terminazione mobile e sono il pedaggio che un operatore deve pagare all'altro per far "terminare" le chiamate sulla rete dei concorrenti. Tariffe che da oggi primo luglio subiranno un taglio drastico, superiore al 50%, per i dettami imposti dall'Europa tradotti dall'Agcom.

Una battaglia che vede le aziende una contro l'altra, con gruppi di pressione arrivati dritti al Parlamento, passando per le associazioni dei consumatori, spesso curiosamente in disaccordo tra di loro. Ecco il risiko degli schieramenti: da un lato ci sono gli operatori fissi come Fastweb, British Telecom e Tiscali, che devono pagare fior di quattrini per far terminare le proprie chiamate sui network mobili e che quindi hanno preteso da sempre tagli immediati. Dall'altro gli operatori concentrati sul mercato dei cellulari, come Vodafone e Wind, per i quali la terminazione mobile è un introito troppo ghiotto per separarsene a cuor leggero, soprattutto a meno di un anno dell'asta per le frequenze Lte che ha visto un esborso di quasi 4 miliardi. In mezzo c'è Telecom Italia, "neutrale" sui tagli perché in grado (parzialmente) di finanziare i costi della telefonia fissa con gli introiti del mobile. Anche Tre ha una posizione sui generis a riguardo: disco verde, da parte sua, all'abbattimento della terminazione a patto che il differenziale rispetto agli altri rimanga, cioè che gli sia riconosciuto ancora il ruolo di "nuovo entrante" e quindi tariffe di terminazione più ricche. Una posizione sgradita alla Commissione Europea, che proprio sulla necessità della "simmetria" di tali pedaggi ha chiesto nell'autunno scorso all'Agcom di rivedere la road map dei tagli. Indicazione recepita con la delibera 621/11/Cons, che ha anticipato dal 2015 al 2013 l'obiettivo finale di 0,98 cent per minuto.

Nel dettaglio dai 5,3 cent al minuto per Tim, Vodafone e Wind e dai 6,3 cent per H3g i tagli saranno così articolati: da oggi le tariffe passeranno a 3,5 cent per H3g e a 2,5 cent per Tim, Vodafone e Wind. Dal primo gennaio 2013 ad H3g saranno corrisposti 1,7 cent e agli altri operatori 1,5 cent. E infine dal primo luglio 2013 si passerà all'obiettivo voluto dalla Commissione: 0,98 cent per tutti.

Ma dove sta il problema? Secondo gli operatori mobili, soprattutto Vodafone e Wind, un taglio drastico come questo comprometterebbe gli investimenti, senza contare che non ci sarebbe un rapporto causa-effetto "scientifico" tra il décalage della terminazione e i prezzi delle chiamate: dal 2005 al 2010, nonostante il dimezzamento di questi costi, i prezzi per il pubblico sono scesi "solo" dell'8 per cento. E neppure le associazioni dei consumatori in questi mesi si sono dimostrate concordi. Fatto sta che il 4 luglio il Tar del Lazio si esprimerà su tutta una serie di ricorsi portati avanti dagli operatori, che potrebbero rallentare lo schema faticosamente messo a punto in novembre dell'Autorità per le comunicazioni.

Intanto sempre da oggi scatta, non senza qualche polemica, la nuova bolletta di Telecom, il famoso "prezzo unico" per tutte le chiamate dal telefono di casa verso i fissi e i cellulari. Addio alle vecchie interurbane: verso la vecchia cornetta stanziale si pagheranno 1,9 cent/minuto, abolendo la distinzione tra le chiamate locali (0,7 cent/minuto) e quelle interurbane (5,05 cent/minuto). Tariffa unica anche dal fisso verso i cellulari nazionali, pari a 9,90 cent/minuto, che cancella le attuali differenze di costo tra i diversi operatori mobili ma anche la distinzione tra la fascia oraria intera e ridotta (Tim 11,50 fascia intera e 7,82 fascia ridotta; Vodafone 11,92 e 7,99; Wind 12,10 e 9,16; H3g 13,55 e 10,93). Invariato, invece, l'importo dello scatto alla risposta (7,94 centesimi).

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