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Questo articolo è stato pubblicato il 23 luglio 2012 alle ore 10:56.

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Serbia, Montenegro, Croazia, Slovenia, Egitto e Tunisia: sono tra le mete preferite degli imprenditori italiani, specie quelli del Mezzogiorno ma anche del Nord Est, che stanno portando via dall'Italia pezzi rilevanti della produzione industriale e dell'economia italiana. Fisco più favorevole e costo del lavoro nettamente più contenuto sono le due ragioni principali che spingono le imprese del nostro Paese a fuggire verso queste mete.

E' questo il fenomeno anticipato da uno studio di Unimpresa in via di pubblicazione, cominciato qualche anno fa e che ha subito un'improvvisa accelerazione a causa della crisi finanziaria e della recessione.
Secondo la ricerca, molti imprenditori, nel pieno della bufera internazionale, si sono trovati a un bivio: chiudere o continuare la loro attività fuori dei confini nazionali, dove un contesto economico assai diverso favorisce l'insediamento di nuovi impianti industriali. Sgravi fiscali e incentivi di varia natura attraggono sempre di più le aziende tricolore. Una vera e propria emigrazione che ha preso il via con alcuni grandi gruppi industriali e adesso sta interessando anche realtà nel settore delle piccole e medie imprese. A forte rischio c'è l'attività di trasformazione agricola e l'industria conserviera. Col risultato che sulle nostre tavole arrivano prodotti made in Italy, lavorati nei Balcani e nel Nord Africa.

«Una situazione che ci preoccupa enormemente» dice il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi. "Come diciamo da tempo - aggiunge - il nostro Paese ha bisogno di misure ad hoc,. La nostra ricetta è nota: fisco, burocrazia, infrastrutture e giustizia civile sono ambiti nei quali, dentro i nostri confini, c'è molto da fare prima di rimettersi a parlare concretamente di creare nuovi posti di lavoro e mettere in moto il mercato dell'occupazione».

In Francia si teme la tassazione Hollande
La super aliquota francese del 75% annunciata dal nuovo presidente francese Francois Hollande per i redditi superiori al milione di euro provoca già le prime fughe. Secondo Le Figaro, alcune imprese quotate al Cac 40, che preferiscono rimanere anonime, hanno cominciato a delocalizare alcune figure dirigenziali a Londra. A testimoniare l'esodo due elementi: la disdetta improvvisa di affitti per appartamenti riservati a manager, e la lista di attesa per l'iscrizione al liceo francese Charles de Gaulle a Londra, che dal 6 maggio ha raggiunto più di 700 iscrizioni. Per quelli che decidono di rimanere in Francia, l'alternativa è, spesso, una riduzione dello stipendio.

Anche il gruppo bacario BNP Paribas segnala che i migliori trader stanno chiedendo la loro delocalizzazione in Gran Bretagna, ma prima di prendere decisioni drastiche, gli uffici del personale delle grandi società stanno attendendo ulteriori dettagli sulla misura annunciata che verrà discussa il prossimo autunno per cercare alternative contabili nell'attesa che la bufera si calmi ed evitare la perdita di manager di valore.

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