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Questo articolo è stato pubblicato il 24 luglio 2012 alle ore 15:24.

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L'agricoltura italiana brucia terreni fertili e perde potenzialità produttive. Così si assottiglia l'autoapprovvigionamento di materie agricole con rischi sulla sicurezza alimentare. Preservare la terra dalla cementificazione è per il ministro delle Politiche agricole, Mario Catania, «una battaglia di civiltà per un'Italia diversa». I numeri forniti in occasione del convegno «Costruire il futuro: difendere l'agricoltura dalla cementificazione», che si è svolto oggi a Roma, fanno suonare il campanello d'allarme. Dagli anni Settanta la superficie agricola utilizzata si è ridotta del 28 per cento. Sono stati infatti sottratti alla produzione oltre 5 milioni di ettari passando così da 18 milioni di ettari agli attuali 13. È come se fossero sparite Lombardia, Liguria ed Emilia Romagna.

Cancellate le superfici più fertili
Molte le aree agricole abbandonate, ma tanti soprattutto gli ettari conquistati da case, capannoni e infrastrutture. Sono state cancellate soprattutto le aree migliori utilizzate per le colture di seminativi (-26%), prati permanenti (-34%) e coltivazioni permanenti (-27%) da cui provengono le materie prime per pasta, riso, carne verdure e latte. Tra le zone più penalizzate c'è infatti proprio la fertile Pianura padana dove la percentuale di aree costruite (16,4%) supera il doppio della media nazionale. E così mentre aumenta la popolazione la Sau si riduce. Finora l'impatto sulla flessione di prodotti agricoli non si è avvertito in maniera forte perchè la perdita di terreni è stata in parte compensata dall'evoluzione delle tecniche produttive che hanno permesso di aumentare la produttività, ma ora non ci sono più spazi di manovra.

Rischi per l'autoapprovvigionamento
Negli anni Cinquanta – rileva lo studio realizzato dal ministero delle Politiche agricole – un ettaro di frumento produceva 1,4 tonnellate, oggi ne produce quasi quattro. Un'evoluzione arrivata al suo punto massimo. D' ora in poi il rapporto tra calo di terreni e calo produttivo sarà automatico. Da qui l'allarme lanciato dal ministro Catania sulla dipendenza dall'estero per l'approvvigionamento di risorse alimentari. La capacità di rifornirsi all'interno del paese si sta infatti assottigliando ed è allarme per alcune produzioni del paniere. Per i cereali l'autoapprovvigionamento si ferma al 73%, è del 34% per lo zucchero, del 54% per il latte del 72% per le carni. Anche il miele arriva dall'estero. L'Italia produce dunque solo l'80-85% dei beni alimentari e il made in Italy è disponibile per tre italiani su 4. L'Italia consuma suolo e in questa graduatoria è al terzo posto in Europa, al quinto su scala mondiale. Secondo il ministero il deficit di suolo agricolo è calcolato in 49 milioni di ettari. Per garantire i consumi della popolazione interna di ettari ne servirebbero infatti 61 milioni, mentre oggi si può contare su poco più di 12 milioni. Con l'aumento della popolazione mondiale, la crescita del potere di acquisto di paesi come Cina e India e lo sviluppo delle agroenergie la pressione tenderà poi ad aumentare.

Un ddl per fermare la cementificazione
Queste le considerazioni che hanno spinto Catania a mettere a punto un disegno di legge che dovrebbe essere presentato a settembre con una serie di interventi per arginare il fenomeno della cementificazione selvaggia. Si tratta di un provvedimento particolarmente restrittivo, ma che il ministro considera «una bozza aperta». Punti chiave la fissazione di un tetto massimo di terreni agricoli destinati a diventare aree edificabili. il divieto di cambiare destinazione d'uso per almeno dieci anni a quelle superfici agricole che hanno incassato premi comunitari e infine l'abrogazione della norma che consente ai Comuni di finanziare le spese correnti con gli introiti degli oneri di urbanizzazione. Si tratta dunque di porre le basi per una vera e propria rivoluzione che punta a una nuova e corretta pianificazione del territorio. Un piano ambizioso che però, come riconosce lo stesso ministro, rischia di dover affrontare un fuoco di sbarramento se non sostenuto dall'opinione pubblica.

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