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Questo articolo è stato pubblicato il 13 agosto 2012 alle ore 07:57.

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Un distretto scomparso. Dopo gli spettri della crisi, affacciatisi già nei primi anni Novanta, e un periodo successivo che sembrava di riscatto, con le aziende concentrate a battere la concorrenza dei competitor d'oltreoceano, il polo ligure degli ardesiaci della Val Fontanabuona è crollato. Tanto che l'ultima riunione dei rappresentanti delle aziende raccolte nel distretto risale a due anni fa.

E oggi gran parte di quelle imprese hanno addirittura chiuso i battenti. A testimoniarlo sono gli stessi operatori del settore che spiegano come, di oltre 40 imprese raccolte nel distretto, oggi ne siano rimaste attive una decina.
È un quadro sconsolante quello che emerge analizzando oggi la realtà della Val Fontanabuona e del Ponente ligure. Si ha la sgradevole sensazione di assistere alla fine di una tradizione lunga più di 130 anni (la prima teleferica per il trasporto di ardesia risale al 1876). Anzi, l'impressione è che un ciclo industriale sia definitivamente finito, con il ritorno a livello artigianale di attività che, fino a pochi anni fa, sembravano destinate a rappresentare una delle eccellenze del made in Italy all'estero. Erano i tempi in cui gli ardesiaci avevano gran parte del fatturato proveniente dall'export, vendendo, soprattutto negli Stati Uniti, le grandi lastre di pietra nera per i tavoli da biliardo. Un business fiorente, che è proseguito per anni. Erano i tempi in cui solo i biliardi con ardesia ligure erano validati per i campionati nazionali americani; in cui i giocatori professionisti affermavano che nessun altro tipo di tavolo aveva la risposta balistica di quello fatto con la pietra della Liguria.

Allora pareva che quell'impiego dell'ardesia non dovesse esaurirsi tanto presto. Mentre diventava più marginale il suo utilizzo per l'edilizia: i famosi tetti di case e chiese liguri, i pavimenti, le scale, l'arredo urbano e così via. Poi però, negli anni Novanta, sono arrivate sul mercato le lastre brasiliane. E il settore ha subìto il primo colpo, seguito da quello inflittogli dalla Cina che ha cominciato a esportare interi biliardi. Probabilmente le lastre di questi tavoli non sono perfette come quelle liguri. Ma i costi enormemente più bassi hanno menato una stoccata mortale all'industria della Val Fontanabuona, che pure ha resistito fino al 2008. Cinque anni prima, quando la giunta regionale di allora ha tracciato la mappa dei distretti liguri, fissandone dieci, quello dell'ardesia era uno dei pochi a essere già funzionante, a presentare aziende concentrate a lavorare su un unico settore e pronte, almeno sulla carta, a muoversi unite.

Sulla carta, in effetti, più che nella realtà, perché la tradizione degli ardesiaci si basa su aziende familiari piuttosto restie alle innovazioni produttive e alla collaborazione con altre imprese. Non solo: all'interno del distretto si è subito creata una contrapposizione tra le imprese aderenti ad Assolapidei e quelle iscritte a Confindustria.

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