Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 15 agosto 2012 alle ore 12:48.

Sul caso dell'Ilva di Taranto è in gioco il futuro industriale del Paese. Lo ribadisce con forza, in questo colloquio con Il Sole 24 Ore, il presidente di Federacciai, Antonio Gozzi. Al punto da spingere gli industriali siderurgici italiani ad avanzare una pressante richiesta al mondo politico: «Subito dopo la pausa estiva – dice Gozzi – chiederemo a Governo e Parlamento di fare chiarezza, attraverso un provvedimento legislativo, sulle condizioni per fare industria in Italia. Mi spiego: qui siamo in presenza di un'azienda, l'Ilva di Taranto, che pur rispettando le norme rischia di chiudere. È un segnale pessimo, sia per gli stranieri, che non sono invogliati a investire in Italia, sia per gli imprenditori italiani, che rischiano di andarsene. Pertanto – prosegue Gozzi – è indispensabile una legge nella quale si stabilisca, con assoluta chiarezza, che i settori industriali in regola con le normative ambientali non possono essere oggetto di provvedimenti, da parte della magistratura, simili a quelli che stanno colpendo l'Ilva di Taranto».

Tra questi settori non c'è solo la siderurgia, ma anche altri comparti dell'industria di base come i cementifici, le centrali elettriche, la chimica e le raffinerie. Una sorta di scudo normativo, sembrerebbe di capire, per salvare l'industria italiana da crociate ultra ambientaliste.
«Una delle ragioni per cui l'Italia, durante la tempesta finanziaria, non ha fatto la fine della Grecia – continua Gozzi – è la solidità e la robustezza del suo sistema industriale. Una solidità alla quale contribuisce in maniera determinante l'Ilva di Taranto. Non dimentichiamo che l'Italia è il secondo produttore siderurgico d'Europa dopo la Germania. Se di colpo l'Ilva dovesse chiudere – spiega Gozzi – verrebbe a mancare il 40% dell'acciaio consumato dall'intera filiera della meccanica italiana, che sprofonderebbe in piena crisi e sarebbe costretta ad acquistare acciaio all'estero, con un enorme svantaggio competitivo. Se si ferma l'Ilva, si fermano una miriade di settori a valle, che costituiscono la spina dorsale del sistema manifatturiero nazionale. Quindi – aggiunge Gozzi – giudico molto positivamente l'azione intrapresa dal premier Monti, dal ministro Clini, tra l'altro un medico del lavoro, dai ministri Passera e Severino che con tempestività e determinazione stanno cercando di risolvere la situazione, salvaguardando le ragioni dell'impresa».

Secondo il presidente di Federacciai, sostenere che la siderurgia a ciclo integrato «è roba da Paesi da terzo mondo» è una totale falsità. Spiega Gozzi: «Tutti i grandi Paesi industriali del mondo (dagli Stati Uniti alla Corea passando da Germania e Francia), cioè quei Paesi che sono fuori dai Brics, si tengono ben stretta la loro siderurgia a ciclo integrato. Perché la siderurgia a ciclo integrato è la base sulla quale poggiano quelle attività di trasformazione sofisticate, prima tra tutte l'industria meccanica, che tengono i Paesi nella competizione globale. In caso contrario prevarrebbero i Brics, che già sfruttano il vantaggio competitivo naturale rappresentato dalle enormi disponibilità di materie prime, di cui invece l'Italia è del tutto priva».

Commenta la notizia

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi