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Questo articolo è stato pubblicato il 17 agosto 2012 alle ore 08:02.

Si tratta anche della crisi di un modello ben preciso: «Non funziona più il modo italiano di fare impresa – analizza Rocco Cristofolini, presidente della sezione del porfido di Confindustria Trento –. Per anni ci siamo focalizzati sul mercato interno, abbiamo guardato solo al nostro orticello rimanendo piccoli e abbiamo investito troppo poco in ricerca e sviluppo. Quello che ci ha tutelato finora è la particolarità del prodotto, apprezzato nel mondo perché introvabile (una sorta di materiale stratificato di cui il Trentino ha il monopolio quasi assoluto, ndr). Ma non basta avere un prodotto per saperlo vendere bene».
La corsa ai ripari è iniziata nell'ultimo decennio, prima con la creazione del distretto, il cui riconoscimento normativo è avvenuto nel 2008, poi con la disciplina dell'attività estrattiva del territorio, in seguito con l'inizio di una serie di collaborazioni con designer e architetti nazionali e internazionali e, ancora, con progetti pensati e realizzati assieme al Politecnico di Milano, con la creazione di un marchio comune dal nome Espo, che dall'inizio degli anni Duemila contribuisce a promuovere in modo collettivo il prodotto. «L'attenzione verso il porfido trentino di grandi architetti come Mario Botta, Renzo Piano o Ettore Sottsass – continua Cristofolini, seconda generazione dell'impresa di famiglia Unionporfidi, 30 addetti, 5 milioni di fatturato – e l'uso del materiale in musei internazionali hanno reso possibili per il distretto commesse importanti; dagli alberghi di Abu Dhabi, ai palazzi di Los Angeles, del Giappone, dell'Australia». «L'avvento di internet ha cambiato tutto – aggiunge Massimo Stenico, della Porfidi Stenico Bruno, impresa familiare dal 1960, oggi società formata da tre aziende che fatturano attorno ai 2 milioni di euro –: non basta rivolgersi ad un rivenditore per vendere il prodotto, bisogna offrire al mercato un concetto estetico, un pacchetto, solo così si è vincenti con la concorrenza mondiale e si conquistano clienti in Medio Oriente o in America».
Oggi, nel 2012, un'altra svolta importante, sulla scia della consapevolezza che piccolo non è più bello: distretto, politica, soggetti economici lavorano per le aggregazioni. «Da soli non ce la si fa – avverte Gianotti –, bisogna aggregarsi su progetti comuni, come la ricerca commerciale o quella tecnologica. Il distretto che presiedo ha elaborato in quattro anni 30 progetti di aggregazione e l'ultimo in ordine di tempo ha avuto un successo inaspettato, segno che la mentalità è cambiata». Gianotti si riferisce al piano di "Filiera del porfido trentino di qualità", un vero e proprio marchio nato e regolamentato nel dicembre 2011. «Le imprese che vi hanno finora aderito sono 220 su una realtà produttiva formata da 300 società – continua Gianotti –. Compresi i cavatori, i trasformatori, i posatori, i commercianti puri. La prima cosa che faremo insieme è andare al Marmomacc di settembre, a Verona, con un progetto comune; non più, finalmente, in ordine sparso». Aderire al progetto della filiera significa per le imprese rispettare criteri identificativi del prodotto, adeguarsi ai prezzi minimi, ma anche usufruire di servizi tecnici e logistici. Insomma, non si è più soli.
«La singola media impresa non è in grado di affrontare grandi progetti – aggiunge Cristofolini – ci vogliono le reti, gli accordi, persino le acquisizioni. Abbiamo enormi potenzialità ma non i mezzi per sfruttarle appieno». Ecco allora un'altra novità: nei prossimi mesi entrerà in vigore una legge provinciale relativa a tutte le imprese trentine, che facilita lo sviluppo delle reti, dei consorzi, di progetti di ricerca comuni.
Oggi il porfido produce un fatturato complessivo di circa 300 milioni di euro, rappresenta il 3% del Pil dell'intera provincia, può contare su incentivi pubblici fondamentali. Il settore ha cambiato pelle, ha capito che in azienda sono necessarie più competenze, dalle lingue straniere al diritto internazionale, ha cambiato il sistema di distribuzione, cerca alleanze. Ha più forza nei confronti delle banche, con le quali in questi anni deve giocare una partita decisiva. Assicurandosi così il futuro, certo con prudenza, ma con la consapevolezza che l'"oro rosso" del Trentino non deluderà la sua gente.
IL RATING DEL SOLE
PUNTI DI FORZA
ALTA
-1
CAPACITÀ DI FARE RETE
Le aziende, assieme all'ente pubblico e agli altri attori economici, hanno capito che bisogna fare rete; ecco allora la creazione del marchio comune Espo, la regolarizzazione e gli aiuti economici pubblici al distretto, il progetto di "Filiera del porfido trentino di qualità".
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