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Questo articolo è stato pubblicato il 30 agosto 2012 alle ore 06:45.

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SAN MAURIZIO D'OPAGLIO (NO). Dal nostro inviato
Centoquaranta aziende che producono rubinetti e valvolame in un paesino da 3.300 anime, dove tutti lavorano nel settore. Una monocoltura produttiva quasi da manuale, che fa di San Maurizio D'Opaglio, sponda orientale del Lago d'Orta, la capitale del distretto dei rubinetti del Cusio, tra Novara e il Vco. Insieme ai "cugini" della Valsesia, rappresenta il più grande polo mondiale di trasformazione dell'ottone, con un fatturato aggregato di quasi 2 miliardi e il 15% del mercato mondiale delle esportazioni. Si comincia da Borgomanero, con Caleffi, su fino a Gozzano, con Zucchetti, e poi lungo la sponda del lago, Pettinaroli, Frattini, Huber, Cimberio, Fantini, Giacomini solo alcuni dei marchi.
Qui le aziende sono nate a fianco alle case, a partire dagli anni Cinquanta. Le zone industriali le hanno costruite dopo, per accogliere gli ampliamenti degli stabilimenti e delle produzioni. «Negli anni Novanta il vento tirava al massimo e la concorrenza del Far East, non aveva intaccato le aziende» racconta Savino Rizzio, presidente dell'Avr, l'associazione di categoria dei produttori, dal 1990 al 2000 e oggi presidente onorario. I problemi sono cominciati dopo, a partire dal Duemila e poi con l'euro. «La concorrenza cinese si è avvantaggiata del dumping valutario e i picchi raggiunti dal dollaro ci hanno penalizzato, la clientela non ce li ha riconosciuti e così abbiamo perso margini». La crisi si è avvitata «e le difficoltà non sono ancora finite». Il 2012 – primo trimestre – si è aperto con un calo della produzione del 5,8% per il manifatturiero novarese, un calo che quasi raddoppia, -11%, considerando la sola rubinetteria, che ha fatto registrare una contrazione dei fatturati (-8,3%) e degli ordini, anche se, come lasciano trapelare dalla Camera di commercio di Novara, i dati del secondo trimestre sono in miglioramento.
Le difficoltà non sono ancora finite, dunque. Nelle pagine del Sole 24 Ore di vent'anni fa, la rubinetteria del Cusio è un polo florido, con 300 aziende e mille miliardi di lire di fatturato. All'epoca l'export pesava per metà della produzione, oggi ne assorbe circa i due terzi. Poi, come racconta il direttore dell'Unione industriale del Vco, Mauro Caminito, è arrivata la divisione delle due province con i casalinghi rimasti in provincia di Verbania e la rubinetteria rimasta nel Novarese. Oggi il distretto si è riposizionato, giocandosi tutto sull'innovazione e la qualità del made in Italy. La sfida ora è allargare l'orizzonte è puntare dritto ai nuovi mercati. «Dal 2005 al 2008 la produzione ha rallentato – ricostruisce Remo Travaini, a capo della Gattoni di Alzo di Pella, confine nord del distretto, 60 addetti 10 milioni di fatturato – e gli operatori hanno frenato gli investimenti. Molti hanno cominciato a comprare componenti dal Far East e questo ha incrinato la logica del distretto e impoverito le professionalità sul territorio». Dagli anni Novanta a oggi si sono ridotti i lotti di produzione, «di dieci volte», dice Travaini. «È rimasto sul mercato soltanto chi ha accettato la sfida e ha rilanciato sul made in Italy – continua – investendo in qualità e design». Investire non per produrre di più, aggiunge, ma meglio e in maniera flessibile rispetto alle richieste, «come fossimo un sarto, ma dei rubinetti» sorride Travaini. E proprio come un sarto Gattoni vestirà un corpo lavabo, grazie all'aiuto di tre designer, Marco Piva, Luca Scacchetti e Pietro Gaeta, «da proporre in tre versioni diverse e interscambiabili. L'idea è rendere il design sempre più fruibile, sfruttando il nostro know-how tecnologico». Investire è una parola centrale nelle analisi. Lo sanno bene alla Carlo Nobili Rubinetterie, 63,6 milioni di ricavi e oltre 240 addetti, azienda guidata da Alberto Nobili: «La continua ricerca sul prodotto rappresenta l'unico modo per aggredire il mercato». La scelta della Carlo Nobili Rubinetterie è chiara: 60 milioni di investimenti in 5 anni per internalizzare i processi produttivi e garantire all'azienda – che, tra le ultime acquisizioni, ha assunto il controllo della storica Rubinetteria Stella – tra le più alte percentuali di robotizzazione. «Siamo stati tra i primi a dotarci di una macchina di prototizzazione rapida» aggiunge Nobili, e la rapidità nel rispondere alle richieste del mercato è un tratto distintivo della Nobili con un listino che, tra 2011 e 2012, ha registrato oltre 200 nuovi modelli, tutti rigorosamente made in Italy.
«Una volta bastava l'innovazione di processo, eravamo strutturati a fare bene – riprende Rizzio – oggi bisogna puntare sull'innovazione di prodotto, il design, la ricercatezza. Ma anche questo non basta, perché l'innovazione deve riguardare anche il marketing e la rete commerciale». Su questo in pochi hanno dubbi. Un distretto votato all'export come quello della rubinetteria piemontese deve strutturarsi a guardare oltre i confini europei, parola di un nome importante delle valvole quale Cimberio, 200 addetti, 50 milioni di ricavi: «Il nostro fatturato è al 90-95% fatto all'estero – spiega il presidente Renzo Cimberio – e nel 2012 registriamo un calo dai mercati tradizionali, tutti stanno soffrendo e settembre è un'incognita». Il «vero» export, come lo definisce Rizzio, «è oltre Europa e Usa, bisogna agganciare le economie più ruggenti e strutturare le reti commerciali». Finito, da un bel pezzo il tempo dell'imprenditore che parte, in Germania o Francia, con la valigia del suo campionario. Una tendenza raccontata nell'analisi dell'export novarese nel primo trimestre 2012 della Fondazione Edison, da cui emerge un calo dello o,4% sul 2011 contro una crescita media della provincia del 5,2%. Con una contrazione, in particolare, dei flussi verso Uk (-20,5%) e Svizzera (-26,6%) mentre tengono Francia e Germania. Le esportazioni verso i paesi emergenti, osserva la fondazione, pesano per circa il 20 per cento. Ancora residuale il valore dell'export verso i Bric: 9,9 milioni nel primo trimestre dell'anno.

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