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Questo articolo è stato pubblicato il 30 agosto 2012 alle ore 08:27.

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SAN MAURIZIO D'OPAGLIO (NO) - Dal nostro inviato
Centoquaranta aziende che producono rubinetti e valvolame in un paesino da 3.300 anime, dove tutti lavorano nel settore. Una monocoltura produttiva quasi da manuale, che fa di San Maurizio D'Opaglio, sponda orientale del Lago d'Orta, la capitale del distretto dei rubinetti del Cusio, tra Novara e il Vco. Insieme ai "cugini" della Valsesia, rappresenta il più grande polo mondiale di trasformazione dell'ottone, con un fatturato aggregato di quasi 2 miliardi e il 15% del mercato mondiale delle esportazioni. Si comincia da Borgomanero, con Caleffi, su fino a Gozzano, con Zucchetti, e poi lungo la sponda del lago, Pettinaroli, Frattini, Huber, Cimberio, Fantini, Giacomini solo alcuni dei marchi.

Qui le aziende sono nate a fianco alle case, a partire dagli anni Cinquanta. Le zone industriali le hanno costruite dopo, per accogliere gli ampliamenti degli stabilimenti e delle produzioni. «Negli anni Novanta il vento tirava al massimo e la concorrenza del Far East, non aveva intaccato le aziende» racconta Savino Rizzio, presidente dell'Avr, l'associazione di categoria dei produttori, dal 1990 al 2000 e oggi presidente onorario. I problemi sono cominciati dopo, a partire dal Duemila e poi con l'euro. «La concorrenza cinese si è avvantaggiata del dumping valutario e i picchi raggiunti dal dollaro ci hanno penalizzato, la clientela non ce li ha riconosciuti e così abbiamo perso margini». La crisi si è avvitata «e le difficoltà non sono ancora finite». Il 2012 – primo trimestre – si è aperto con un calo della produzione del 5,8% per il manifatturiero novarese, un calo che quasi raddoppia, -11%, considerando la sola rubinetteria, che ha fatto registrare una contrazione dei fatturati (-8,3%) e degli ordini, anche se, come lasciano trapelare dalla Camera di commercio di Novara, i dati del secondo trimestre sono in miglioramento.

Le difficoltà non sono ancora finite, dunque. Nelle pagine del Sole 24 Ore di vent'anni fa, la rubinetteria del Cusio è un polo florido, con 300 aziende e mille miliardi di lire di fatturato. All'epoca l'export pesava per metà della produzione, oggi ne assorbe circa i due terzi. Poi, come racconta il direttore dell'Unione industriale del Vco, Mauro Caminito, è arrivata la divisione delle due province con i casalinghi rimasti in provincia di Verbania e la rubinetteria rimasta nel Novarese. Oggi il distretto si è riposizionato, giocandosi tutto sull'innovazione e la qualità del made in Italy. La sfida ora è allargare l'orizzonte è puntare dritto ai nuovi mercati. «Dal 2005 al 2008 la produzione ha rallentato – ricostruisce Remo Travaini, a capo della Gattoni di Alzo di Pella, confine nord del distretto, 60 addetti 10 milioni di fatturato – e gli operatori hanno frenato gli investimenti. Molti hanno cominciato a comprare componenti dal Far East e questo ha incrinato la logica del distretto e impoverito le professionalità sul territorio».

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