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Questo articolo è stato pubblicato il 06 settembre 2012 alle ore 20:28.

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Uno Stato non può avviare processi di autorizzazione nazionali aggiuntivi rispetto a quello comunitario in materia di coltivazioni biotech, e non può bloccare la coltivazione di varietà Ogm in assenza di norme regionali in grado di assicurarne la coesistenza con le colture convenzionali e biologiche. Lo ha ribadito una sentenza della Corte di giustizia europea chiamata in causa da un ricorso presentato da Pioneer Hi-Bred Italia contro la decisione del ministero delle Politiche agricole di non autorizzare la coltivazione di mais Ogm Mon 810.

Il nodo coesistenza
Il Mipaaf, nel 2008, addusse come motivo del diniego proprio «l'assenza dei piani regionali a salvaguardia delle specie autoctone e dell'ambiente in generale». Per Pioneer la sentenza «ristabilisce chiarezza in merito ai requisiti normativi per la semina di colture geneticamente migliorate». Li riassume Paolo Marchesini, responsabile affari istituzionali Sud Europa: «Per coltivare gli Ogm è valida l'iscrizione delle varietà al registro europeo delle sementi, e il Mon 810, lo era regolarmente, mentre non solo obbligatori i piani di coesistenza tanto che Bruxelles non li ha inseriti nella Direttiva ma inviati agli Stati membri come raccomandazione».

Assobiotec: serve innovazione
Il dossier, dunque, ora ritorna ai magistrati italiani che dovranno decidere se sbloccare o meno le coltivazioni Ogm che in tutto il mondo sono arrivate ormai a superare i 160 milioni di ettari. Capofila sono gli Stati Uniti con 69 milioni di ettari, seguiti da Brasile (30,3 milioni) e Argentina (23,7 milioni). Tra le principali colture transgeniche spiccano mais e soia che l'Italia è costretta ad importare per l'alimentazione animale a causa di un cronico deficit interno. «Le autorità italiane dal 2001 hanno adottato una politica legislativa tale da impedire la coltivazione del mais geneticamente migliorato – sottolinea Alessandro Sidoli, presidente di Assobiotec, – Che questa politica sia di fatto illegittima e contraria al diritto comunitario lo dimostra l'odierna sentenza della Corte di giustizia europea. Per evitare ulteriori danni agli operatori è tempo di aprirsi all'innovazione in agricoltura».

Favorevoli e contrari
Dal canto suo Confagricoltura torna a chiedere che il tema degli Ogm sia affrontato «senza pregiudizi ma sulla base di certezze scientifiche. La ricerca è indispensabile, va sostenuta e non frenata. E va fissato un sistema di regole che garantisca la coesistenza tra le diverse forme di agricoltura senza che l'una danneggi l'altra. Le regole finora, in Italia, si è preferito non adottarle; oggi emerge quanto questa scelta non sia conforme ai principi europei». Gli agricoltori di Futuragra parlano di «una svolta epocale: in un momento di crisi tanto grave, questa decisione rappresenterà una grande opportunità per gli agricoltori italiani. Chiediamo pertanto l'immediata abrogazione di tutte le leggi italiane contrarie agli Ogm e il rispetto delle normative europee». Per la Coldiretti «la sentenza non cambierà nulla anche perché il 71% degli intervistati da Swg ritiene il cibo Ogm meno sicuro di quello tradizionale». La Cia, infine, invoca nuove norme europee: «Bruxelles deve adottare al più presto regole chiare e comuni in materia di Ogm, dall'etichettatura alla coesistenza».

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