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Questo articolo è stato pubblicato il 01 ottobre 2012 alle ore 08:53.

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Alcune fasi della produzione di sanitariAlcune fasi della produzione di sanitari

Il polo di Civita come spesso accade nelle aree ad alta specializzazione è caratterizzato da una forte dinamicità che alimenta un processo di continua evoluzione e adattamento al mercato. Le imprese nascono, si concentrano in gruppi, a volte si scindono. Fenomeno che consente al distretto di conservare un elevato livello di efficienza e e competititivà complessiva. «A parte questo – continua Cerica – abbiamo iniziato a fare rete con le nostre imprese in maniera efficace e coordinata». L'aggregazione consente di realizzare economie di scala in un distretto dove il problema dei costi pesa moltissimo (si veda il box sotto).

Da una parte il costo elevato del lavoro che conta su una manodopera specializzata che rappresenta da un lato uno dei punti di forza del sistema ma che assorbe oltre il 50% del valore del prodotto finito. Dall'altra, fortemente penalizzante resta l'eccessivo costo dell'energia, "materia prima" nella processo produttivo della ceramica sanitaria, che viene consumata a ciclo continuo in grande quantità dai forni di cottura. Rispetto ai grandi competitor europei la bolletta è superiore del 30%, e di gran lunga superiore rispetto ai paesi extra Ue e del Sud Est asiatico, e questo è uno dei fattori che determinano la scarsa attrattività di Civita per gli investimenti stranieri. Un limite che ha come contraltare lo sforzo che le imprese del distretto stanno invece facendo per rafforzarsi all'estero. Si sta cercando di correggere una tendenza che ha frenato l'espansione delle vendite all'inizio del duemila, ossia l'eccessiva focalizzazione sul mercato interno. Anche per intercettare la domanda altrove.

Lo scorso anno l'export ha rappresentato, infatti, solo un terzo del fatturato (63,4 milioni), anche se il dato forse risulta un po' più alto se si considerano le ceramiche vendute ai grossisti e contractor italiani che poi le piazzano ai grandi clienti stranieri. Una quota comunque insufficiente che non riesce a compensare la contrazione della domanda interna. Oltre confine il principale sbocco dei sanitari prodotti dal polo di Civita resta l'Europa, Spagna e Gran Bretagna in testa, mentre nuove fette di mercato vengono conquistate nei mercati emergenti. L'obiettivo è quello di arrivare al 50% delle vendite all'estero puntando al traino dei paesi emergenti come Cina, India e paesi dell'ex Unione Sovietica.

In questo contesto di ricerca di nuovi mercati diventa strategico il percorso di aggregazione tra imprese iniziato in questi anni, indispensabile per essere più competitivi.
Una realtà quella di Civita che in questi anni ha dovuto però farcela con le proprie forze, scontando l'assenza costante di un sistema politico e di finanziamento pubblico che ne sostenesse lo sviluppo.

Caso emblematico il laboratorio chimico creato dal Centro ceramica all'inizio degli anni novanta, a sostegno della qualità dei prodotti del comparto. Struttura finanziata per metà dalle imprese del consorzio e per metà con fondi europei ottenuti attraverso un bando regionale. Questi fondi già attribuiti sulla carta non sono mai arrivati per un problema di mancata ratifica da parte della Regione all'Unione europea. Inefficienza della pubblica amministrazione che ha fatto naufragare l'iniziativa e ha costretto le aziende che non erano in grado di sostenere un impegno finanziario così elevato.

Così come è rimasto sulla carta il protocollo di intesa siglato nel 2007 dal ministero dello Sviluppo economico dai Comuni che fanno parte del distretto dalle associazioni delle imprese e dai sindacati messo in campo quando la crisi ha iniziato a colpire Civita. Un programma ambizioso di interventi per la riqualificazione e l'innovazione della filiera ceramica da 20 milioni di euro. Con un nutrito pacchetto di interventi focalizzati soprattutto sulla ricerca, l'innovazione e un sistema di servizi collettivi a disposizione di tutte le aziende. Nei progetti del Mise quello di creare un sistema economico distrettuale diversificato, «incrementando il valore aggiunto, il tasso di innovazione tecnologica».

Ma Civita si è rimboccata le maniche, è andata avanti ed è riuscita dove le istituzioni hanno lasciato il vuoto.

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