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Questo articolo è stato pubblicato il 06 ottobre 2012 alle ore 10:21.

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Anton Francesco AlbertoniAnton Francesco Albertoni

«Il Governo continua a tartassare il settore nautica. Di questo passo, il prossimo anno il Salone Nautico non lo facciamo più». E' lo sfogo di Anton Francesco Albertoni, presidente di Ucina, la Confindustria nautica, prima della cerimonia di apertura della 52° edizione del boat show genovese. Una kermesse che inizia con una protesta contro l'esecutivo.

«Per la prima volta dalla fondazione del Salone – prosegue Albertoni - noi imprenditori della nautica non parteciperemo, in segno di protesta contro il Governo, alla cerimonia inaugurale dell'alzabandiera, che apre tradizionalmente l'esposizione». Inoltre, quando il viceministro delle Infrastrutture e trasporti Mario Ciaccia, farà il consueto giro dei padiglioni con le autorità, «gli imprenditori usciranno dagli stand, lasciandoli vuoti, a simboleggiare il disagio del comparto».

Gli industriali saranno invece presenti all'assemblea pubblica "La nautica e il governo", che consisterà in un confronto, in forma di talk show, tra Albertoni e Ciaccia, previsto al posto del tradizionale discorso inaugurale del presidente di Ucina.

In una lettera al premier Monti, inoltre, il leader degli imprenditori nautici ha scritto di trovare «inconcepibile che un vanto del made in Italy, quinta voce dell'export nazionale, abbia visto crollare il mercato nazionale e perdere 20mila posti di lavoro, nell'indifferenza della politica e nell'immobilismo delle istituzioni».

In tre anni, aggiunge Albertoni, «il nostro settore, oltre a perdere 20mila occupati, ha visto crollare di più del 50% il contributo della nautica al Pil, passato da 6,5 miliardi a 3 miliardi l'anno. E con l'ultimo anno si scenderà ancora». Riguardo alla crescita dell'export, il numero uno di Ucina chiarisce: «Le esportazioni corrispondono, ormai all'85% del fatturato delle nostre aziende. Questo significa che resta in Italia solo il 15%. Ma la capacità di esportare così tanto l'hanno solo le grandi aziende mentre non ce la fa il tessuto delle piccole e medie imprese, che, non a caso, quest'anno è meno presente al Salone. Abbiamo perso centinaia di piccole aziende». Di questo passo, continua, «visto che i clienti sono all'estero, rischia di diventare inutile esporre barche in Italia. E un altro rischio è la delocalizzazione delle imprese, a favore di mercati in via di sviluppo, come il Brasile, ad esempio».

Nell'ultimo anno, conclude Albertoni, «abbiamo lavorato in mezzo a difficoltà straordinarie e riusciremo a inaugurare il Salone solo grazie al coraggio di 900 aziende. Per mesi abbiamo provato a lanciare messaggi costruttivi al governo, per ristabilire un rapporto di serenità, che si era interrotto con l'introduzione della tassa di stazionamento, poi modificata in tassa di possesso, ma solo dopo sei lunghi mesi, con danni enormi per il comparto, che ha visto le barche fuggire dall'Italia. Ora chiediamo all'esecutivo un confronto sulle tematiche di sviluppo indispensabili al comparto. Ma, non abbiamo davvero nulla da festeggiare e, per questo, non partecipiamo alla cerimonia di inaugurazione».

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