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Questo articolo è stato pubblicato il 10 ottobre 2012 alle ore 12:32.

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Meno aiuti diretti agli agricoltori per finanziare le politiche europee a favore della ricerca. È questo lo scambio suggerito dall'attuale presidenza cipriota della Ue, alla ricerca di un difficile equilibrio nell'ambito del negoziato sul prossimo quadro finanziario dell'Unione europea per il periodo 2014-2020.

La proposta è contenuta in un documento di lavoro datato 24 settembre, giorno in cui è stato presentato e discusso informalmente dai ministri europei. Ed è, verosimilmente, il testo al quale si riferiva il commissario all'Agricoltura, Dacian Ciolos, quando nei giorni scorsi si è dichiarato «preoccupato per alcune idee che stanno circolando nell'ambito delle discussioni sulle prospettive finanziarie della Ue».

Non si tratta del solito assalto alla diligenza che puntualmente si ripropone ad ogni negoziato sul bilancio europeo. Il prossimo anno scadono infatti le garanzie accordate ai finanziamenti agricoli dall'accordo franco-tedesco che nel lontano ottobre 2002 spianò la strada all'allargamento a Est dell'Unione. E la congiuntura non potrebbe essere peggiore, perché alla crisi economica che rafforza gli appetiti sui fondi agricoli (sempre più paesi si aggiungono al fronte dei tagli nordeuropeo) si sommano le conseguenze della necessaria convergenza del livello di aiuti tra i partner tradizionali e gli Stati membri dell'Europa Centrale e Orientale di recente adesione.

Il documento della presidenza indica formalmente, per la prima volta, una riduzione programmata degli aiuti diretti (a partire dal 2015) rispetto alle cifre proposte dalla Commissione, pari a 281 miliardi per l'intero periodo, che già prevedevano un taglio del 12,5% (per l'Italia il 18%) rispetto al livello attuale.

La percentuale del taglio non è indicata: uno spazio bianco nel testo lascia aperte tutte le ipotesi negoziali, anche se alcune indiscrezioni circolate a Bruxelles e rilanciate nei giorni scorsi dall'associazione dei cerealicoltori francesi parlano di un accordo franco-tedesco su un taglio del 6%, con i risparmi da destinare appunto alle politiche Ue per la ricerca.

Fino ad ora gli aiuti diretti, cuore delle spese agricole, erano rimasti immuni dalle ipotesi di ulteriori riduzioni. Il commissario al Bilancio, Janusz Lewandowski, per rimediare (e rispondere alle richieste francesi di salvaguardare la spesa agricola), ha suggerito una soluzione che alle orecchie degli agricoltori potrebbe suonare clamorosa: il trasferimento di fondi dallo sviluppo rurale agli aiuti diretti. Il contrario delle politiche promosse dalla Commissione europea fino a oggi, con il travaso, in parte obbligatorio, di fondi dagli aiuti diretti a favore dello sviluppo rurale (la cosiddetta «modulazione»).

In questo scenario il ministro delle Politiche agricole, Mario Catania, è volato nei giorni scorsi a Bruxelles per incontrare Ciolos e preparare il terreno al governo per il vertice straordinario del Consiglio europeo in programma il 22 e 23 dedicato al bilancio 2007-2013, ricordando alla Commissione i dati dell'«anomalia» italiana. Un saldo negativo nell'ordine dei 5 miliardi annui e una quota parte al «rebate» britannico (l'assegno che ancora il Regno Unito incassa da Bruxelles a titolo di «correzione finanziaria») che con 718 milioni di euro sfiora il 20% del totale. Di fronte a questi numeri, la Commissione ha riconosciuto che esiste «un problema italiano» in termini di equilibrio tra entrate e uscite e che, come ha spiegato lo stesso ministro al termine dell'incontro, «bisognerà trovare delle soluzioni, che non possono che passare anche attraverso le grandi politiche di spesa, a partire dalla politica agricola». A decidere però saranno i capi di Stato e di governo, se riusciranno a sbrogliare la matassa, a fine novembre, in un incontro che potrebbe confermare definitivamente il declino del peso della Commissione nelle nuove gerarchie europee.

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