Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 17 ottobre 2012 alle ore 10:53.

My24
Ripartire da piazza Tahrir. È italiana la società che al Cairo ha ripulito il luogo divenuto il simbolo della primavera egizianaRipartire da piazza Tahrir. È italiana la società che al Cairo ha ripulito il luogo divenuto il simbolo della primavera egiziana

«Prevediamo un disavanzo da 17 miliardi di euro. Tuttavia con le nostre capacità e l'aiuto dei donatori e delle organizzazioni multilaterali, riusciremo a finanziare il nostro deficit, se Dio vuole. La cosa positiva è che prevediamo una crescita del 4% quest'anno». Il peggio non è passato ma ora c'è l'abbozzo di una roadmap per rimettere in piedi l'economia egiziana. È questo che intende Hatem Saleh, ministro dell'Industria e degli investimenti esteri.

Il lavoro del nuovo Governo egiziano non è semplice. Dopo la rivoluzione, la gente liberata ha sviluppato aspettative cui nessuno sarebbe capace di dare una rapida risposta. Le nuove politiche sociali richieste dagli elettori, in gran parte vittime di una profonda disparità economica, contrastano con gli obblighi imposti dal deficit. Nell'ultimo bilancio 2012/13, approvato prima che Mohamed Morsi venisse proclamato presidente, il buco era aumentato di un altro 10%. Gli stipendi ai 6 milioni di dipendenti pubblici e i sussidi, soprattutto alla benzina, sono da soli il 78% della spesa pubblica.

I grandi progetti infrastrutturali per moltiplicare l'occupazione, che il Governo ha in mente e intende aprire alla partecipazione internazionale, sono molti: la linea ferroviaria Alessandria-Assuan, lo sviluppo dell'asse Alto Egitto-Mar Rosso e nell'area del Golfo di Suez. Linee ferroviarie, logistica, grandi infrastrutture. L'Italia è il primo partner commerciale europeo: un interscambio da 5 miliardi di euro. «Vogliamo dall'Italia un sostegno tecnico di eccellenza nei suoi settori tradizionali: tessile, cuoio, mobili, turismo», dice ancora Saleh.

Ma l'ambizione di Hatem Saleh, venuto il mese scorso a Roma al seguito di Morsi, è di convincere l'Italia ad avere un ruolo maggiore, più completo nel nuovo panorama delle opportunità d'investimento. Prima degli incidenti in piazza Tahrir, al Cairo erano arrivati 50 uomini d'affari da Washington, delegazioni cinesi, della Corea del Sud, del Qatar, degli Emirati. È evidente che l'Egitto si attenda qualcosa di simile anche dall'Italia.

«No - precisa Saleh -. Non qualcosa di simile: di più. Una partecipazione vera, con progetti infrastrutturali e per lo sviluppo del sistema dei servizi; con idee per edificare in Egitto un'autentica rete di piccole e medie imprese. Il mio sogno è vedere zone industriali nelle quali una grande azienda italiana crei attorno a sé cluster industriali composti da tante piccole imprese locali». Se il presidente Morsi e la sua delegazione hanno scelto l'Italia come primo Paese europeo, «è una prova della consapevolezza dell'importanza delle nostre relazioni». Il problema è che la stessa consapevolezza l'abbiano anche gli italiani, che invece hanno qualche preoccupazione. Dall'inizio della rivoluzione, nei tribunali egiziani sono pendenti 6mila cause con imprese in gran parte straniere: avendo fatto accordi con l'ancien régime, sono sospettate di corruzione. «Lo so, al ministero degli Investimenti abbiamo creato una serie di commissioni speciali per esaminare tutti i casi. Molti sono già stati risolti».

Ma non sono solo questi contenziosi a preoccupare. Il Governo e la società civile egiziana sono ora impegnati a scrivere la nuova Costituzione: è il documento fondamentale di ogni Paese e per l'Egitto indicherà quanto aperta o religiosamente chiusa sarà la società egiziana. Gli ultimi scontri in piazza Tahrir fra i sostenitori di Morsi e le opposizioni laiche dimostrano che non è più possibile governare per autorità, come ai tempi di Mubarak. Nemmeno i Fratelli musulmani che pure hanno vinto tutte le elezioni dell'ultimo anno. C'è ora un controllo democratico più diffuso, anche se ancora caotico.

Se non sarebbe facile imporre una società più islamista, è ugualmente difficile imporre nuove politiche economiche. Sarebbe per esempio difficile per Morsi annullare i sussidi alla benzina. Subito dopo la Costituzione, il Governo dovrà scrivere anche un coerente documento economico che spieghi nei dettagli modalità e obiettivi per un rilancio egiziano.

A proposito del vecchio regime, il predecessore di Saleh, Rashid al-Rashid, fuggito all'estero, aveva fatto importanti riforme per sviluppare gli investimenti internazionali. Sarebbe un peccato cancellare quell'eredità. Il nuovo ministro annuisce: «Ci sono molti aspetti politici negativi del passato. Tuttavia sul piano economico ci sono elementi positivi che cerchiamo in tutti i modi di salvare, aggiungendovene di nuovi. Noi siamo per il libero mercato. Intendiamo servirci di tutto ciò che serve per incoraggiare gli investimenti. Ma occorre giustizia sociale, quella che prima non c'era. Non dobbiamo solo concentrarci sui grandi settori industriali. È da qui che nasce il nostro interesse per sviluppare la piccola e media impresa e per avere su questo una forte cooperazione italiana con la sua tradizione in questo settore. Ci aspettiamo un grande salto qualitativo nella vostra presenza in Egitto».

Commenta la notizia

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi