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Questo articolo è stato pubblicato il 25 ottobre 2012 alle ore 08:22.

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Le cucine di Pesaro alla sfida dei mercatiLe cucine di Pesaro alla sfida dei mercati

PESARO - Il cuore dell'industria italiana del mobile da cucina, che ha trasformato un manufatto strumentale in un pezzo d'arredamento, batte nei pochi chilometri che separano Pesaro da Montelabbate. È qui che sono insediate le varie Scavolini, Berloni, Febal. È qui che sorge la Biesse, il colosso delle macchine per la lavorazione del legno, quotato in Borsa, che ha stabilimenti in India e in Cina ed esporta il 90% della produzione.

Le fabbriche e i numerosi laboratori artigiani da 5, 10, 15 dipendenti che costituiscono il grande indotto del distretto convivono con un ambiente dove industria, città e campagna sembra abbiano trovato il giusto equilibrio. Qui la mano dell'uomo non ha sfregiato la natura, come in altre zone di più antica industrializzazione, ma ha contribuito a modellare un paesaggio agricolo collinare tra i più belli. Eppure Pesaro è tra le province più manifatturiere d'Italia, e la più manifatturiera delle Marche. Gli imprenditori di queste parti sono rimaste persone semplici, schiette, schive, terragne. Hanno la fierezza di chi s'è fatto da sé, di chi ha conosciuto la fatica del lavoro manuale, di chi conserva nelle narici l'odore acre della segatura.
Il cavaliere del lavoro Valter Scavolini, 71 anni quasi compiuti, figlio di mezzadri, quando s'è messo in proprio era addetto al montaggio delle cucine. È cresciuto con i suoi dipendenti, con cui mantiene un buon rapporto. È a capo di un gruppo da 200 milioni di fatturato, 650 addetti diretti e un indotto di circa 2mila persone. La società genera cassa e utili ed esporta il 15% delle vendite. Nel settore è la numero uno. Marcello Berloni, 74 anni, e il fratello Tony, di due anni più grande di lui, quando costituirono l'impresa di famiglia dormivano nella stessa stanza con i dipendenti. Dopo un lungo periodo di vacche grasse, l'azienda è entrata in crisi e ha avviato un processo di ristrutturazione che potrebbe concludersi con l'ingresso di un nuovo socio. Giancarlo Selci, 76 anni, prima di fondare la Biesse, 400 milioni di ricavi con 1.700 addetti in Italia e altri 1.100 nel resto del mondo, era un tornitore della Benelli. Viene anche lui da una famiglia umile.

I "cucinieri" pesaresi sono partiti da zero negli anni '50, quando i marchi che contavano erano Salvarani, Snaidero, Scic, e hanno costruito le loro fortune sulla crescita della domanda interna. Oggi il sistema legno-arredo marchigiano conta 24.700 addetti e 2.800 unità locali (il 14% dell'industria manifatturiera regionale) concentrate per quasi la metà tra Pesaro e Urbino. Queste aziende hanno avuto per decenni un orizzonte poco più che regionale. Hanno spiccato il volo con i grandi investimenti in comunicazione e marketing degli anni '70 e '80. Il pioniere di questa fase è stato Scavolini, prima con la sponsorizzazione del basket e la pubblicità su giornali specializzati e dopo per un ventennio con due testimonial televisivi (Raffaella Carrà e Lorella Cuccarini). Racconta Salvatore Giordano, direttore generale e memoria storica di Confindustria Pesaro: «È stato il periodo in cui le nostre imprese hanno cominciato ad accrescere la rete distributiva nelle grandi città, creando i presupposti per esportare; in cui hanno compiuto il salto di qualità nel servizio, offrendo per esempio il "fuori misura", la possibilità di adattare il mobile standard a pareti e angoli irregolari e di ottenere determinate finiture. Fino ad arrivare alla personalizzazione nella scelta del colore e delle antine».

Non è stato solo il design a determinare l'aumento di valore dei prodotti, ma anche l'innovazione tecnologica: dai nuovi sistemi di chiusura e scorrimento di ante e cassetti, all'impiego di materiali quali il vetro, l'acciaio e il corian, che sembra marmo ma è un composto di resine. Anche il modo di produrre il mobile è cambiato in maniera radicale. Ancora una volta è stato Scavolini a tracciare la strada. L'azienda oggi gestisce in modo diretto le fasi strategiche del ciclo – progettazione, raccolta ordini, assemblaggio, lavorazioni fuori misura, marketing, pubblicità – con tempi di consegna tra 60 e 90 giorni. Tutto il resto è realizzato da 190 "contoterzisti" che acquistano materie prime da altre svariate decine di fornitori. Le componenti finite del mobile sono stoccate in un magazzino automatizzato, prelevate da robot, caricate nei camion e trasportate ai negozi.
Dice Valter Scavolini: «Realizziamo la cucina per tutti, dai 3mila ai 30mila euro, rivolgendoci a ogni tipo di clientela con un prodotto e un servizio di qualità. E da qualche giorno stiamo anche consegnando i nostri primi mobili e accessori per il bagno, prodotti dalla Blu Scavolini».

Poi, nel 2009, è arrivata la recessione ed è cambiato tutto. Le aziende esportatrici, finaziariamente solide e con una struttura di costi leggera hanno, chi più chi meno, incassato il colpo. Le aziende indebitate, appesantite dai costi e poco presenti all'estero sono entrate in sofferenza. Febal e Berloni hanno pagato il prezzo più alto della crisi. La prima è stata acquistata, proprio nel 2009, da una società di San Marino. Armando Ferri, il fondatore della Febal, ne ha ceduto il ramo d'impresa e i debiti di funzionamento alla famiglia Colombini, 180 milioni di fatturato aggregato nel 2011. Spiega Emanuel Colombini, 34 anni, amministratore delegato di un gruppo che conta ormai 900 dipendenti: «Abbiamo trasferito nello stabilimento di Pesaro tecnologie e fasi di lavorazione come la verniciatura in precedenza affidate a terzi. I marchi Febal e Rossana, con cui abbiamo accresciuto il nostro export e su cui abbiamo investito in ricerca, comunicazione e rinnovamento dei punti vendita, hanno chiuso lo scorso anno con 20 milioni di ricavi».

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