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Questo articolo è stato pubblicato il 18 novembre 2012 alle ore 08:13.

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TARANTO
Nella settimana che si apre l'Ilva gioca una doppia partita. Con la Procura e con i sindacati. Alla Magistratura, ora che ha ottenuto il via libera del ministero dell'Ambiente al piano di attuazione dell'Aia, presenterà, molto probabilmente martedì, istanza di dissequestro degli impianti dell'area a caldo. Alle organizzazioni metalmeccaniche Fim, Fiom e Uilm – c'è un incontro martedì – chiederà di chiudere l'accordo sulla cassa integrazione ordinaria per i 2mila dipendenti dell'area a freddo, non sequestrata, perchè la crisi di mercato ha ridotto gli ordini di lavoro.
Si apre, intanto, un piccolo spiraglio nella battaglia legale che vede da mesi impegnati da un lato l'Ilva e dall'altro Magistratura e custodi. Proprio questi ultimi hanno autorizzato una nave a scaricare 45mila tonnellate di materiali. La deroga alla direttiva che fissa il doppio limite all'azienda – 15mila tonnellate di scarico per volta e giacenze non superiori ai 15 giorni – arriva dopo l'ipotesi di fermata generale e improvvisa il 14 dicembre per assenza di materie prime fatta dal presidente Bruno Ferrante nei giorni scorsi. L'Ilva dice che il via libera vale solo per una nave e solo per un quantitativo, e il rischio di fermata dunque persiste. Così come persiste la possibilità di perdere parecchi soldi – sino a 12 milioni di dollari – con le maggiori soste cui le navi saranno costrette, trasportando quantitativi ben superiori alle 15mila tonnellate autorizzate allo sbarco. Ma il segnale, seppur piccolo, va registrato.
Tornando alle due partite che si giocheranno in settimana, l'esito appare incerto. Soprattutto per l'istanza alla Procura. È vero che stavolta il dissequestro viene chiesto per abbattere l'inquinamento e risanare gli impianti, cioè quello che vogliono anche i pm, ma è altrettanto vero che sinora l'Ilva si è sempre vista sbarrare il passo. È così conflittuale il rapporto tra le parti che settimane fa la Procura, in attesa che si pronunci la Cassazione, ha anche chiesto e ottenuto dal Tribunale la sospensione del presidente dell'Ilva, Bruno Ferrante, dall'incarico di custode giudiziario perché non collaborava. Proprio perché si ha la consapevolezza che la strada è in salita, che l'altro ieri, a Roma, la commissione tecnica che ha istruito l'Aia ha chiesto all'Ilva di presentare alla Procura un piano molto dettagliato, dove si indichino non solo gli interventi di ammodernamento e i tempi di esecuzione, ma anche i fondi disponibili e i contratti di affidamento lavori alle imprese. E magari un dissequestro per step più che un dissequestro per tutti i settori ora preclusi. L'Ilva, invece, sembra che voglia un dissequestro generale e non solo perché, dice l'azienda, quello di Taranto è un impianto a ciclo integrale dove tutto è concatenato e la permanenza dei vincoli rende difficile la gestione dei cantieri dell'Aia dovendo ogni volta chiedere il via libera ai custodi. No, ci sarebbe anche altro. Nel senso che l'azienda teme di avviare i lavori, impegnare risorse, e poi vedersi bloccata su qualche impianto. Sull'altoforno 5, per esempio, per il quale i custodi vogliono la fermata immediata – al pari dell'altoforno 1 che si ferma dall'1 dicembre – mentre l'Aia lo colloca a luglio 2014.

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