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Questo articolo è stato pubblicato il 22 novembre 2012 alle ore 19:17.

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Tra la decrescita dell'Europa e la ripresa a metà degli Stati Uniti, l'economia globale sta cercando un difficile equilibrio, quasi come l'acrobata di un circo. L'euro ha tenuto quest'anno il cambio di 1,28 sul dollaro (mentre molti pensavano a una discesa verso quota 1,10), ma non si può ancora escludere del tutto che – nel medio termine – l'Eurozona possa sfaldarsi.

Intanto il mondo sta girando verso la Cina e gli altri paesi Brics. In sintesi è questo il messaggio del rapporto 2012 del Centro Einaudi sull'economia globale e l'Italia, presentato oggi a Milano dal curatore Mario Deaglio, in anteprima per la stampa presso la Banca popolare commercio e industria (gruppo Ubi Banca) e poi nella sede di Assolombarda.
Il volume, edito da Guerini e Associati (pagg. 207, euro 21,00), ha per titolo "Sull'asse di equilibrio" e si avvale anche dei contributi di Giovanni B. Andornino, Giorgio Arfaras, Anna Caffarena, Giuseppina De Santis Giorgio S. Frankel, Anna Lo Prete e Giuseppe Russo. In apertura reca una sentita dedica "a Giorgio S. Frankel (1941-2012), che vi ha lavorato per lunghi anni e fino agli ultimi giorni; e a sua moglie Anna, che lo ha seguito prima che l'inchiostro si asciugasse sulle pagine". Chi scrive aggiunge il personale ricordo, quale suo collega - insieme con Paolo Migliavacca - nel servizio esteri di "Mondo Economico". Frankel era anche storico collaboratore del "Sole 24 Ore" sui temi del Medio Oriente, dell'energia e dell'industria aerospaziale.

Di fronte ai segnali contradditori che arrivano dall'economia internazionale in quest'ultimo scorcio dell'anno, anche le risposte dei governi divergono: all'insistenza europea sul rigore dei conti pubblici si contrappone la decisione americana di sostenere la crescita stampando moneta. Ma mentre l'Unione europea parrebbe intenzionata ad attenuare la propria scelta, gli Stati Uniti potrebbero dover fronteggiare, già a fine
2012, il "baratro fiscale", con una brusca correzione all'insù delle tasse e all'ingiù della spesa. Rispuntano anche i nodi irrisolti sul piano globale, europeo ed italiano e i cambiamenti strutturali – nella demografia, nella disponibilità delle risorse naturali e negli andamenti climatici – per cercare di capire dove va il mondo e in particolare il nostro paese.
Il rapporto elenca sette "debolezze" quali concause della decrescita dell'Europa, che non potrà essere "felice" come auspicata da Serge Latouche in un libro di qualche anno fa, perché alla caduta del tasso di crescita si accompagna la risalita del tasso di disoccupazione, specie dei giovani.

Nell'ordine, ecco i punti deboli: la dimensione demografica, con il prolungamento della vita, che da successo è diventato un problema per l'esborso pensionistico; gli squilibri valutari, perché l'Eurozona non è diventata un'area monetaria ottimale (qualche paese ne trae vantaggio, altri ne soffrono); l'ultra-ortodossia della Germania, evidente ad esempio nel caso della Grecia («se i conti di Atene sono squilibrati, i greci taglino i loro salari quanto basta per recuperare competitività ed equilibrio»); il vizio d'origine politico dell'euro, perché all'epoca il via libera di Francia, Gran Bretagna e Usa all'unificazione tedesca fu dato in cambio della rinuncia della Germania al marco; le scelte geo-economiche tedesche, più orientate verso l'Europa centrale, la Russia e la Cina che non verso gli altri paesi Ue; la pressione mediatica sulle difficoltà della moneta unica negli ambienti che contano della finanza anglosassone e - infine - una dimensione "psicoanalitica": il tedesco è infatti una delle poche lingue in cui la stessa parola "Schuld" significa "debito", ma anche "colpa".

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