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Questo articolo è stato pubblicato il 11 gennaio 2013 alle ore 10:16.

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Imu, patrimoniale o macroregione fiscale. Mentre l'Italia in campagna elettorale si interroga su come alleggerire, a saldi invariati, la crescente pressione fiscale, il mondo abbassa le tasse. Ovvero, le riforme fiscali galoppano.
Dal 2005 se ne sono registrate ben 296 in 142 economie. A fotografarlo è «Paying Taxes», il rapporto annuale sulla fiscalità nel mondo, stilato da PriceWaterhouseCoopers e dalla Banca Mondiale.

Complessivamente, le economie mondiali hanno alleggerito dell'1% l'anno, (in totale un calo del -8%) il total tax rate, ovvero l'incidenza effettiva del carico fiscale e previdenziale sui profitti maturati ogni anno dalle imprese, portandolo al 44,7%, hanno ridotto di una settimana il tempo per effettuare gli adempimenti (54 giorni in tutto) e il numero di pagamenti (6,5).

Con enormi differenze, come è prevedibile, tra aree geografiche ed economiche. Aliquote irrilevanti in Medio Oriente grazie ai proventi del petrolio e pressione insostenibile in Africa, tempi biblici per gli adempimenti in Sudamerica, flessibilità e iter semplificati in Usa e Canada. E se l'Eurozona si qualifica come sistema «complessivamente efficiente» ma con aliquote rilevanti per sostenere un welfare articolato, la palma del riformismo fiscale se la aggiudicano Asia centrale ed Europa dell'Est. In 5 anni, Europa orientale e Asia centrale hanno registrato il più ampio miglioramento: hanno ridotto i tempi medi per i pagamenti di 200 ore (261 ore è il tempo per adempiere) e il numero degli adempimenti da 52 a 28. Aliquote basse e informatizzazione premiano soprattutto i Paesi balcanici, dalla Bosnia alla Serbia ma anche Romania e Bulgaria (con un'Iva compresa tra 10 e 16% e la corporate tax tra 17 e 24%). Più lenti a vedersi i risultati nelle Repubbliche caucasiche.

Ma il principale colpo d'ala lo ha dato la Turchia, che dal 2004 ha ridotto dal 53% al 41,2% la pressione fiscale complessiva sulle imprese, e tagliato del 5% (al 14,5%) gli oneri sociali sul lavoro dipendente ma soprattutto istituito, nel 2012, un articolato sistema di esenzioni fiscali e agevolazioni per tecnoparchi, zone industriali e vere e proprie zone franche, con l'obiettivo di attrarre investimenti esteri. Infine, ha introdotto la fattura elettronica.

La "palma" delle aliquote più pesanti (in media al 57,4%, ma che comprendono dal 15,2% dello Zambia al 340% della Repubblica democratica del Congo) e del maggior numero di pagamenti e di tempo perso per adempiere resta all'Africa. La sola Africa sub-sahariana ha registrato la più ampia riduzione del tax rate totale, -13,3% dal 2005. Parte di questa riduzione è dovuta anche all'introduzione dell'Iva in diversi Paesi africani. L'Italia si posiziona al 131° posto nella classifica generale, prendendo ad esame 185 economie.

Nel nostro Paese il carico fiscale complessivo è il più alto d'Europa, pari al 68,3% dei profitti commerciali, sostanzialmente stabile contro una media Eu&Efta scesa, nonostante la crisi, dal 43,4% al 42,6% (media mondiale del 44,7 per cento).

A breve distanza dall'Italia si posiziona l'Estonia (67,3%), seguita dalla Francia (65,7%). Tra i primi 10 Paesi al di sopra della media europea per TTR troviamo anche il Belgio (57,7%), l'Austria (53,1%), la Svezia (53%), l'Ungheria (50,3%), la Repubblica Ceca (49,3%), la Slovacchia (47,9%), la Germania (46,8%). Ad avere il Ttr più basso sono invece Lussemburgo, con un carico di un terzo rispetto a quello italiano (21%) seguito da Cipro (23%) e Irlanda (26,4%).

«Il rapporto – ha spiegato Fabrizio Acerbis, Partner PwC Tax & Legal Services – evidenzia che esiste una forte correlazione tra prelievo fiscale e crescita ma che il solo basso prelievo fiscale non è sufficiente a stimolarla. Mentre una riduzione dei vincoli amministrativi, con informatizzazione e semplificazione delle procedure rappresenta un fattore strettamenmte collegato alla crescita economica».

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