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Questo articolo è stato pubblicato il 16 gennaio 2013 alle ore 10:46.

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Si ferma la Germania. Si fermano le nostre esportazioni. Il dato di novembre vede ancora una crescita dell'export italiano pari al 3,6% su base annua ma tutto lo sviluppo è sui mercati più remoti, con le vendite extra-Ue a balzare del 10% mentre l'Europa ingrana la retromarcia, giù del 2,2% nel mese, con un bilancio che ora è negativo (-0,1%) anche dall'inizio dell'anno.

Determinante per questo risultato il segno meno del nostro primo partner commerciale, con Berlino che cede il 3,8%, una riduzione di 162 milioni di euro rispetto allo stesso mese dell'anno precedente. Il rallentamento del Vecchio Continente è palese nei dati di Francia (appena +0,5%), Spagna (giù del 7,5%) e Austria (-5%), mentre tra i nostri maggiori partner solo il Regno Unito mantiene un significativo segno più. Numeri preoccupanti, perché nonostante la progressiva diversificazione dei nostri mercati di sbocco, l'Europa rappresenta ancora il 56% dei nostri ricavi oltreconfine, condizionando dunque pesantemente la nostra performance complessiva.

Anche tra i settori lo stop tedesco si fa sentire, ad esempio con un magro +0,5% per i prodotti in metallo o il calo dell'1,6% per gomma e plastica. E la frenata europea porta per alcuni comparti in negativo il bilancio da inizio anno: -3% per il tessile, -2,4% per computer ed elettronica, -0,1% per i mezzi di trasporto. Se l'export non brilla, i nostri acquisti dall'estero sono però ancora più deboli, con una frenata delle importazioni su base annua dell'8,2%, capace di spingere verso l'alto il saldo commerciale: oltre 2 miliardi nel mese, quasi nove dell'inizio dell'anno, il livello massimo mai raggiunto dal 2002. Numeri che dovrebbero preoccupare proprio la Germania, le cui vendite in Italia sono crollate di oltre l'11% da gennaio, riducendo uno dei contributi principali alla sua crescita. Troppa austerità, in fondo, non aiuta neppure Berlino.

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