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Questo articolo è stato pubblicato il 19 febbraio 2013 alle ore 16:14.

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Il bicchiere delle opere di Expo è mezzo vuoto e mezzo pieno. In alcuni ambiti si procede a buon ritmo, ma è praticamente scontato che dal programma redatto nel 2007, quando ancora era commissario straordinario Letizia Moratti, molte infrastrutture dovranno essere cancellate, perché hanno poca speranza di essere completate per il 2015. A conti fatti, la situazione va meglio a Milano che nel resto della Regione Lombardia.

A procedere senza intralci è il sito espositivo tra Milano e Rho, del valore di circa 1,5 miliardi. Dopo una modifica sostanziale, nel 2011, al progetto degli orti botanici - ritenuto complicato e troppo costoso da gestire una volta chiusa la manifestazione - ora i lavori proseguono abbastanza spediti. Nell'Expo dedicato all'agricoltura, si è scelta la strada dei cluster tematici (nove), dove i paesi vengono raccolti in tipologie di colture. I paesi che hanno aderito sono per ora 120. Per quanto riguarda l'Italia, è stato aperto il bando per la realizzazione del Padiglione Italia: il termine per la consegna dei progetti è il 20 febbraio. Il cronoprogramma è per ora rispettato: mentre la Cmc di Ravenna prosegue con i lavori ripulitura del suolo, la scorsa estate il consorzio guidato da Mantovani si è aggiudicato l'appalto più importante, quello della piastra su cui sorgeranno i padiglioni dei paesi.

Il Comune di Milano intanto sta mettendo a punto il progetto City operations, ovvero il piano per ospitare e rendere possibile gli spostamenti dei quei 20 milioni di potenziali turisti. Anche le strade che collegheranno il sito alla città non destano per ora particolari preoccupazioni. Si tratta della Molino-Dorino (140 milioni), la cui responsabilità spetta alla Regione Lombardia, e la Zara-Expo (105 milioni), sotto il controllo del Comune di Milano, di cui è stata da poco approvata la variante.

I problemi sono invece sul fronte delle grandi infrastrutture: in primis quelle regionali, e in parte anche quelle di Milano, dove la metro 4 vedrà solo un timido inizio. Per quanto riguarda Pedemontana, 68 chilometri per un investimento di 5 miliardi, la società è in grossa crisi finanziaria: non ci sono stati aumenti di capitale, né privati che sono entrati nell'azionariato. Anzi, per ora le banche azioniste, in primis Intesa sanpaolo, non sembrano intenzionate a partecipare ad una ricapitalizzazione. Al momento dunque ci sono solo 400 milioni (200 milioni di prestiti ponte e 200 di equity), con il concreto rischio che il 28 febbraio il consorzio Pedelombarda, guidato da Impregilo, fermi i cantieri sul primo tratto se non avrà, entro questa data, garanzie sulle risorse che assicurano il pagamento degli stati di avanzamento dei lavori (almeno fino alla prossima estate). Per quanto riguarda la Tangenziale esterna ad est di Milano (Te), 32 chilometri per 2 miliardi, la possibilità concreta è che si arrivi al 2015 solo con il cosiddetto "arco Tem", 7 chilometri per garantire lo sbocco alla Brebemi, altra grande opera inserita nel dossier Expo, l'unica che probabilmente sarà pronta in tempo fra quelle regionali.

Infine le metropolitane di Milano. Mentre la metro 5 dovrebbe essere completata per il 2015, la metro 4, del valore iniziale di 1,7 miliardi, vedrà solo 2 fermate su 22, col rischio sempre in agguato che alla fine i cantieri neppure partano. Sulla questione degli extracosti, per decine di milioni di euro, c'è proprio in questi giorni un braccio di ferro tra Palazzo Marino e il consorzio di imprese, azionisti della società M4.

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