Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 10 aprile 2013 alle ore 06:45.

My24


Non c'è pace per l'industria degli elettrodomestici. Da qualche anno il copione è sempre lo stesso: riduzione dell'orario di lavoro, cassa integrazione e contratti di solidarietà. Pochi giorni prima di Pasqua Electrolux e sindacati hanno firmato un accordo che prevede il ricorso, per due anni, ai contratti di solidarietà in tre stabilimenti (con 6 ore di lavoro) e la Cig straordinaria per un quarto: si è evitata la mobilità per 636 lavoratori e si è data un po' di flessibilità all'azienda. Indesit, con il bilancio 2012, ha comunicato che gli impiegati delle sedi italiane faranno 24 giorni di Cig ordinaria nel periodo aprile-agosto, in aggiunta alla Cig a rotazione dei tre stabilimenti.
Tutti segnali negativi che partono dalla convinzione che il 2013 non sarà migliore dell'anno prima e che la stasi del mercato europeo probabilmente si protrarrà per tutto il 2014. Del resto la debolezza del mercato non è un fatto recente: nel 2009 Electrolux ha chiuso lo stabilimento fiorentino di Scandicci; nell'ultimo biennio Indesit ha chiuso tre impianti: Refrontolo e Brembate in Lombardia e None in Piemonte. In questi giorni alla Candy i sindacati hanno riferito di 266 esuberi su 675 lavoratori per i due stabilimenti italiani di Brugherio (Monza) e di Santa Maria Hoè (Lecco). La Brandt (ex Ocean) dismetterà lo stabilimento veronese di Verolanuova entro l'anno e i 440 addetti andranno in Cig per 24 mesi. Una crisi profonda che ha preso in contropiede anche coraggiosi investitori come i cinesi della Haier: nel polo del freddo di Campodoro, nel Padovano, la produzione è rimasta sotto i 100mila pezzi con vistose perdite di bilancio.
La crisi dell'industria italiana degli elettrodomestici ha dimezzato i volumi in soli dieci anni: la produzione è scivolata dai 30 milioni di pezzi del 2002 ai 15 dell'anno scorso. I frigoriferi sono quasi spariti dalle nostre fabbriche: se ne sfornavano 10 milioni di pezzi nel 2002 e oggi sono sotto i due (molto è stato delocalizzato in Polonia e nell'Est); idem per le lavabiancherie, da 8 milioni di pezzi siamo scesi a 4,4 mentre la cottura è passata da 9 milioni a 5. Per fortuna che sono rimaste le produzioni a maggiore valore aggiunto e i laboratori di ricerca, ma il contraccolpo sui margini delle aziende e sull'occupazione è stato ugualmente forte. Non si contano le revisioni al ribasso dei budget produttivi e i piani di riduzione degli organici nelle grandi fabbriche, con evidenti riflessi negativi sugli indotti e sui fornitori di componenti.
Purtroppo la morsa della crisi non accenna ad allentarsi: nel 2012 il mercato degli elettrodomestici si è contratto del 2% in Europa Occidentale ma è cresciuto del 3% in Europa Orientale. Alla fine la domanda nella Greater Europe è arretrata dell'1 per cento. Peggio in Italia, uno dei grandi malati del bacino mediterraneo: i grandi elettrodomestici hanno subito uno scossone del 7,7% a 3,28 miliardi (dati Gfk) e i piccoli elettrodomestici del 2,9% a 1,45 miliardi. Trend preoccupanti che rendono ancora più buio il futuro di un pezzo significativo della manifattura tricolore: l'industria del Bianco fattura 15 miliardi con 63mila addetti diretti ed esporta per 9,5 miliardi; inoltre è il primo settore per investimenti in R&S.

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi