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Questo articolo è stato pubblicato il 09 maggio 2013 alle ore 11:00.

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(Corbis)(Corbis)

Risorse abbondanti, domanda in crescita e tecnologia low cost. Secondo il World Future Council e la Heinrich Böll Foundation una politica energetica basata su incentivi e tariffe incentivanti è la strategia giusta per potenziare lo sviluppo delle rinnovabili in Africa.
Powering Africa through Feed-in Tariffs è un rapporto realizzato dalle due organizzazioni indipendenti tedesche, che hanno preso in esame la politica energetica di 13 Stati africani, considerandone l'impatto sociale ed economico e valutando le possibili strategie di crescita.

I dati raccolti mostrano che la politica degli incentivi e delle cosiddette tariffe feed-in (cosiddetta "omnicomprensiva", che per almeno un decennio riconosce agli impianti rinnovabili "certifificati" una tariffa incentivante per tutta l'energia prodotta e immessa in rete) è il modo migliore per consentire lo sviluppo delle fonti rinnovabili nel continente africano: se portate avanti in coerenza con le condizioni locali, infatti, le tariffe feed-in – si legge nel dossier – conducono ad un aumento sensibile della produzione dell'energia e ad una maggiore diffusione delle installazioni.
Su 65 Stati nel mondo, sono 13 i Paesi che in Africa l'hanno adottata: Algeria, Botswana, Egitto, Etiopia, Ghana, Kenia, Mauritius, Namibia, Nigeria, Rwanda, Sudafrica, Tanzania e Uganda. E con "personalizzazioni" non sempre riuscite. Ad esempio, in Algeria, dove una feed-in tariff calcolata sul costo dell'energia non ha praticamente avuto effetti pratici, mentre in Tanzania l'incentivo ha mostrato grande efficacia soprattutto in contesti di piccole realtà rurali, dove solo il 3% delle abitazioni è connesso alla rete elettrica.

Meno del 25% delle abitazioni dell'Africa sub-sahariana ha oggi accesso all'elettricità, appena il 10% nelle aree rurali. L'economia del continente però ha un tasso di crescita annuo del 4%: sei delle dieci economie mondiali che stanno crescendo più rapidamente si trovano proprio nella fascia subsahariana. Fornire quindi energia all'Africa con questi tassi di crescita e dove l'industria estrattiva (di per sè energivora) è una risorsa significa – secondo l'Agenzia internazionale delle energie rinnovabili (Irena) – installare impianti per produrre almeno 900 terawatt aggiuntivi entro 20 anni. L'Irena prevede che la quota di energia da rinnovabili in Africa potrà passare, in media, dal 17% del 2009 al 50% nel 2030.
Il rapporto Powering Africa contiene, infine, alcuni consigli su come modulare correttamente l'incentivo, evitando, ad esempio, di appesantire le bollette dato il livello di povertà e tassando maggiormente i combustibili fossili o usando fondi internazionali per il clima.

A fare da traino al settore è il Sudafrica, che ha lanciato un programma ambizioso: entro il 2020 il 42% della produzione di energia deve provenire da fonti rinnovabili, e l'irraggiamento arriva a 2mila ore equivalenti l'anno, il 40% in più rispetto al Sud Italia. Come obiettivo intermedio al 2016 il Paese punta a 3,5 GW tra fotovoltaico e solare termico, mentre la stima degli investimenti totali al 2020 in rinnovabili del Governo è di 7,6 miliardi di dollari. I meccanismi d'incentivazione sono basati su un sistema di aste competitive per gli impianti da 5 a 75 MWp e con un sistema molto vicino alla feed in tariff per la taglia da 1 a 5 MWp (il megawatt "picco" è l'unità di misura della potenza massima dell'impianto fotovoltaico).

«I meccanismi autorizzativi sono semplici e veloci – spiega Salvatore Moncada, Ceo di Moncada Energy Group (160 milioni di euro di fatturato aggregato e circa un migliaio di dipendenti) –. Fatta un'asta nella seconda metà del 2011, si può entrare in esercizio entro il 2013. Le aste contemplano oltre al miglior prezzo dell'energia anche l'occupazione prodotta e la ricaduta sull'economia locale tramite il meccanismo del Local Content, che per l'accesso alla tariffa prevede l'utilizzo nella fase di costruzione degli impianti di tecnologie prodotte in Sudafrica, per un minimo del 45% dei costi d'investimento». Moncada si è aggiudicato in Sudafrica la realizzazione di due impianti da 95 MWp. Il costo complessivo dell'investimento è di circa 240 milioni di euro, di cui il 25% con risorse proprie e il restante 75% da Standard Bank Sud Africa. «In quanto anche produttori di tecnologia – ha concluso Moncada – recuperiamo margini nella produzione dei sistemi e riusciamo a essere competitivi abbattendo i costi».
«Stiamo per chiudere il contratto d'avvio del primo impianto da 10 MGw in Sudafrica – ha spiegato Stefano Neri, presidente di Ternienergia – ed è la nostra prima esperienza. Nel 2013 stimiamo 90 milioni di fatturato dal solo Sudafrica. Una piattaforma interessante anche per Botswana, Namibia e, in futuro, il Senegal».

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