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Questo articolo è stato pubblicato il 20 maggio 2013 alle ore 12:57.

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Mercoledì nell'incontro con le parti sociali il ministro Giovannini si confronterà sul "pacchetto lavoro", con l'obiettivo di accelerare il varo delle misure per dare le prime risposte all'emergenza occupazionale, prima dell'avvio della "fase due" che comporterà invece l'impiego di nuove risorse. Il ministro punta a un intervento di «manutenzione» della legge 92 del 2012, da rendere operativo in tempi brevi attraverso lo strumento del decreto legge per semplificare due istituti: i contratti a termine e l'apprendistato. Per questo sarà importante per il ministro del Lavoro sondare le posizioni di imprese e sindacati sulle correzioni allo studio: il Dl, infatti, potrebbe vedere la luce già al Consiglio dei ministri di venerdì.

Primo obiettivo: semplificare
In particolare si pensa di ridurre l'intervallo di tempo che deve trascorrere tra un contratto a tempo determinato e quello successivo che la riforma Fornero ha allungato da 10 a 60 giorni (per contratti con durata fino a 6 mesi) e da 20 a 90 giorni (per contratti più lunghi). Si pensa anche di estendere la possibilità di assumere con il contratto a termine senza il cosiddetto "causalone": la legge 92 esenta il datore di lavoro dall'obbligo di indicare la causale solo in occasione del primo contratto, per la durata di 12 mesi (non prorogabili). Un intervento su questi punti, fortemente chiesto dalle imprese, non è considerato prioritario dalla Cgil, favorevole a demandare il tutto alla contrattazione. Sempre dalle imprese si sollecita anche l'eliminazione dell'aggravvio dell'1,4% sui contratti a termine, introdotto dalla legge 92 per finanziare il nuovo ammortizzatore Aspi. Le semplificazioni dovrebbero riguardare anche l'istituto dell'apprendistato, sia sul versante della formazione che del superamento del vincolo introdotto dalla legge 92 alle assunzioni: il datore di lavoro deve stabilizzare il 50% degli apprendisti (il 30% fino al 18 luglio del 2015). L'idea è quella di togliere l'obbligo alla riconferma, sostituendolo con incentivi.

Criteri più selettivi per gli ammortizzatori in deroga
Nell'incontro di mercoledì si affronterà anche il nodo ammortizzatori sociali e politiche attive del lavoro. Entro un mese deve essere approvato il decreto ministeriale con i nuovi (e più restrittivi) criteri per la concessione degli ammortizzatori in deroga, ma per i sindacati il miliardo stanziato nel decreto di venerdì scorso non basta per coprire l'intero 2013. «Non può proseguire l'attuale meccanismo del finanziamento a piè di lista che, peraltro, attinge solo a risorse statali – spiega il sottosegretario al Lavoro, Carlo dell'Aringa –. Occorre introdurre criteri più selettivi, individuando la platea e la durata del sostegno, responsabilizzando le Regioni». Quanto alle politiche attive del lavoro, il ministro intende dare attuazione alla delega (ormai scaduta) sulla riforma dei centri per l'impiego, per rafforzare il legame tra le attività formative e l'inserimento nel mondo del lavoro.

Per la "fase 2" decisiva la partita con l'Europa
Proprio la riforma dei centri per l'impiego è la leva essenziale per poter passare al "secondo step" della strategia del governo, ovvero dagli interventi di semplificazine "a costo zero" agli sgravi fiscali per «la lotta alla disoccupazione giovanile», definita «la priorità» dal premier Letta. Da questo punto di vista sarà fondamentale la partita che si gioca con Bruxelles, perché maggiori margini di manovra potranno aprirsi a fine mese se l'Italia avrà superato la procedura d'infrazione per deficit eccessivo: al Consiglio europeo del 28 e 29 giugno, si discuterà della proposta avanzata dal governo italiano di escludere dai parametri del patto di stabilità anche gli investimenti destinati a creare lavoro. In ballo ci sono i 6 miliardi del piano europeo della Youth guarantee, che per l'Italia si traducono in 400 milioni di euro, cifra che potrà lievitare se verrà affiancata da fonti di cofinanziamento attingendo a fondi nazinali e fondi sociali europei. Il piano serve per garantire l'offerta di posti di lavoro o di percorsi formativi ai giovani fino a 25 anni d'età: il presupposto, però, è avere centri per l'impiego che funzionano, magari un ruolo potrebbe essere affidato anche alle Agenzie per il lavoro. In quest'ottica si potrà ragionare sulla concesione di sgravi fiscali per i neoassnti, indicata tra le priorià nel discorso programmatico del premier alla Camera.

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