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Questo articolo è stato pubblicato il 23 maggio 2013 alle ore 06:44.

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«Beh, contenti non siamo, era un nostro buon cliente». Jacopo Novello è tra gli imprenditori varesini che pagano dazio all'annunciata chiusura della produzione di Husqvarna sul territorio.

I suoi imballaggi hi-tech in legno, capaci di ospitare moto, elicotteri, edilizia prefabbricata, non verranno più utilizzati dallo storico marchio svedese, ora in procinto di trasferire la produzione in Austria.

Un addio doloroso, l'ennesimo per il distretto motociclistico varesino, che dopo una lunga e gloriosa stagione di successi imprenditoriali e sportivi vede la presenza locale nelle moto ormai ridotta alla sola Mv Agusta: con l'addio di Husqvarna "sparisce" la produzione di 4.731 motociclette, per il 70% destinate all'estero, quasi la metà dell'output locale.

Un colpo non marginale per un mini-distretto che sviluppa 150 milioni di ricavi con un indotto di una decina di aziende e 548 addetti, già in calo del 15% in pochi anni a prescindere dalle mosse di Husqvarna.

Eppure le premesse erano ben diverse, con il primo vincitore del Giro d'Italia Luigi Ganna che all'inizio dello scorso secolo avviò a Varese prima la produzione di biciclette per spostarsi nelle due ruote a motore, scelta adottata anche dalla Frera, fino al 1930 primo produttore nazionale, che a pieno regime sfornava 5mila moto all'anno dando lavoro a 600 addetti.

Ma lo scatto decisivo avvenne dopo la seconda guerra mondiale, da un lato con il proliferare di artigiani e officine per riparare l'ingente parco militare a due ruote soprattutto straniero, dall'altro con la decisione di Aermacchi e Agusta di cimentarsi in questo settore per trovare un'alternativa al disastrato comparto aeronautico.

A Cascina Costa, nel '45 come costola di Agusta nasce la Meccanica Verghera (Mv), che in poco più di 30 anni di attività produrrà quasi 260mila motoveicoli.

Lo stop avviene nel '77 e appena un anno dopo si scioglie anche quel che restava della joint venture avviata da Aermacchi con Harley Davidson.

Ed è qui che entra in gioco la famiglia Castiglioni, oggi l'unica rimasta in campo a produrre motociclette sul territorio. Cagiva (CAstiglioni GIovanni VArese) nel '78 rileva l'attività locale di Harley Davidson e avvia la produzione sviluppando una progressiva crescita per acquisizioni dove però il perimetro del gruppo cambia continuamente anche per effetto di cessioni successive. Entrano ed escono Ducati, Husqvarna (ceduta a Bmw), Morini mentre nel '92 viene acquisito il brand MV Agusta, la cui produzione era cessata nel '77.

Attività a sua volta ceduta nel 2008 ad Harley Davidson, riacquistata due anni dopo, rilanciata ora con nuovi modelli e volumi in crescita (si veda l'altro articolo nella pagina) mentre la produzione di Cagiva invece si fermava.

La recessione italiana non è stata certo l'unica difficoltà per Husqvarna, anche se è chiaro che dalla debolezza del mercato interno derivano gran parte dei problemi.

La produzione nazionale è scesa a 400mila unità, il 70% in meno rispetto al picco del 1980 ma l'accelerazione del calo c'è stata negli ultimi anni, a fronte anche di un mercato interno in caduta libera.

La spinta per fortuna continua ad arrivare dall'export, con Varese capace lo scorso anno di esportare 116 milioni tra moto e componenti, il 36% in più rispetto all'anno precedente.

«È la nostra salvezza – spiega l'imprenditrice Annalisa Mentasti, 3,5 milioni di ricavi nella componentistica per moto – anche perché l'Italia continua a cedere terreno. Per fortuna per noi Husqvarna valeva forse il 3-4% dei ricavi, certo sul territorio moralmente è un colpo durissimo».

Altri fornitori della meccanica hanno invece fiutato l'aria per tempo, preferendo concentrarsi altrove.

È il caso di Ilma Plastica, 25 milioni di ricavi con 170 addetti, con un export che vale l'85% delle vendite e clienti tra i principali costruttori di auto nel mondo.

«I volumi delle moto sono già ridotti – racconta l'imprenditore Antonio Caraffini – perché in generale si lavora sempre su piccole serie, ma il mercato in questi anni è sceso in modo drammatico. Se ci siamo salvati è perché quel mondo non l'abbiamo toccato».