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Questo articolo è stato pubblicato il 27 maggio 2013 alle ore 06:48.

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A CURA DI
Barbara D'Amico
Silvio Rezzonico
Maria Chiara Voci
L'entrata in vigore delle nuove regole è vicina, ma non pare destinata a risolvere tutti i dubbi dei professionisti. A febbraio il Governo ha approvato l'ultimo tassello della normativa sulla certificazione energetica, che detta i requisiti per l'abilitazione al rilascio dell'Ace. Ma il Dpr, firmato dal Presidente della Repubblica lo scorso 16 aprile, sarà pubblicato sulla «Gazzetta Ufficiale» solo tra qualche giorno. Mentre è alta l'attesa di professionisti e tecnici che ambiscono al riconoscimento ufficiale di certificatori.
Il fatto è che sulla materia della certificazione energetica le regole su chi è abilitato a compilare il certificato arrivano quando il rilascio dell'Ace è da tempo obbligatorio, sia in caso di nuova costruzione o ristrutturazione integrale, sia in caso di trasferimento a titolo oneroso di una singola unità abitativa. Pertanto, nei mesi passati e sui territori dove non sono intervenute le Regioni a normare il vuoto lasciato dallo Stato (colmato solo da alcune indicazioni transitorie contenute nell'allegato III del Dlgs 115/2008), i certificatori hanno operato sulla base di qualifiche accettate in una sorta di deregulation. Il tutto è complicato da un testo normativo che, anche se molto dettagliato, non si può definire immediato né privo di contraddizioni. Soprattutto per ciò che riguarda i titoli di studio che abilitano al rilascio dell'Ace, con o senza una formazione aggiuntiva necessaria.
Il Dpr in arrivo attua, con otto anni di ritardo, il Dlgs 192/2005, che a sua volta ha recepito la direttiva europea 2002/91/Ce. Con estremo dettaglio, definisce come si diventa certificatori. La qualifica innanzitutto è aperta non solo alle persone fisiche, ma anche alle Esco e alle società (così non accade nella maggior parte dei sistemi regionali). I certificatori devono inoltre essere liberi da conflitti d'interesse rispetto all'immobile da esaminare.
I titoli di studio ammessi sono, in estrema sintesi, tutte le lauree tecniche del vecchio e del nuovo ordinamento più i diplomi. Fra gli ammessi ci sono matematici, fisici, scienziati agrari e forestali. Per l'abilitazione è inoltre necessario essere iscritti a un ordine o collegio professionale, ma ovviamente solo per quelle categorie che hanno un ordine o collegio: altra differenza tutt'altro che trascurabile. È inoltre indispensabile ottenere il rilascio di un certificato che attesti l'esperienza nella progettazione di edifici e impianti.
Per chi non può comprovare le proprie capacità o per chi ha un titolo di studio contemplato dal Dpr, ma che non abilita automaticamente alla certificazione, è necessario tornare a scuola. Il corso previsto è di 64 ore con superamento di esame finale. Ed è proprio qui che, sulla base di quanto già accaduto con le norme regionali, si prefigura il caos. In più di un caso, infatti, il tentativo delle amministrazioni locali di imporre la formazione obbligatoria è finito in tribunale. Dalla Liguria alla Puglia, dal Piemonte alle Marche. Con risultati che spesso hanno costretto al dietrofront il legislatore.

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