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Questo articolo è stato pubblicato il 02 giugno 2013 alle ore 15:39.

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Un'ulteriore conferma che quella attuale è un'emergenza lavoro. Ieri la Cgil ha spiegato che per ritornare al livello di occupazione pre-crisi serviranno 63 anni, oggi la Cisl rincara la dose e nel suo rapporto sull'industria annuncia che altri 123mila posti di lavoro sono a rischio nel 2013, dopo i 674mila persi in 5 anni. In particolare, tra 2008 e 2014 il Paese ha perso il 2,4% di occupazione, il 6% di Pil, il 4,3% di consumi famiglie, il 20% degli investimenti.«Rischiamo di diventare una Repubblica fondata sul non lavoro», avverte il segretario Raffaele Bonanni.

La crisi colpisce industria e costruzioni
«Cinque anni di crisi hanno lasciato un segno profondo nella società italiana», spiega il rapporto Cisl su Industria, contrattazione e mercato del lavoro. «L'industria, con meno 415.485 occupati, ha perso l'8,3%; le costruzioni, con meno 259.293 occupati, hanno perso il 13,2% degli addetti». Nel Mezzogiorno la situazione è ancora più grave: qui si concentra «il 65% dei posti di lavoro scomparsi».

Esuberi anche nei settori protetti
Sullo sfondo, si osserva ancora nel report, gli esuberi annunciati anche in «aree considerate solidamente "protette" come ministeri (7.576), Enel (4.000), Poste (oltre 3.000), Finmeccanica-Selex (2.529), settore bancario (20.000 posti di lavoro persi tra il 2008 e il 2011, altri 20.000 a rischio fino al 2017)».

Il sindacato: ridurre il carico fiscale sul lavoro
Secondo il sindacato, l'occupazione «non si crea modificando le regole sul lavoro, ma con politiche industriali e politiche per la crescita. A partire da una riduzione del carico fiscale sul lavoro e le imprese», sottolinea il segretario confederale Cisl, Luigi Sbarra, responsabile del settore industria.

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