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Questo articolo è stato pubblicato il 07 giugno 2013 alle ore 11:00.

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(Corbis)(Corbis)

È su tutte le tavole latinoamericane, tanto che nel gergo familiare, dall'Argentina alla Colombia e su, fino agli Stati Uniti, il pane a fette si chiama semplicemente "Bimbo". A produrlo e a impacchettarlo nei noti sacchetti con l'orsetto bianco è il Grupo Bimbo, nato quasi settant'anni fa in Messico e cresciuto, negli ultimi anni, fino a diventare il maggiore produttore mondiale di prodotti da forno industriali, con un fatturato annuo di 13,2 miliardi di dollari.

Nel 2009 si è preso una parte di Weston Foods, dopo due anni ha concluso l'acquisizione di Sarah Lee's american baking, ora sta cercando di comprare le attività di Hostess Brands, un'altro storico nome della panetteria statunitense. Lo shopping a Nord del Rio Grande per il gruppo messicano, seguendo il mercato in crescita degli immigrati latinoamericani. Ma in direzione contraria agli usuali flussi del commercio e degli investimenti.
«Il Messico non è più solo automotive, ogni anno la base delle imprese si allarga e si diversifica anche la produzione nazionale. La vicinanza di un mercato enorme come quello degli Stati Uniti e le capacità sviluppate dal Messico in modo complementare ai grandi gruppi americani dell'auto sono la storia e per certi aspetti anche la forza dell'economia del Paese. Ma la dipendenza dagli Stati Uniti deve essere superata e ci sono molti elementi che ci fanno pensare a una crescita del Messico a che in questo senso», dice Raul Perez Rios, di PricewaterhouseCoopers Messico.

Il Pil messicano dopo essere cresciuto del 3,9% nel 2012 dovrebbe fermarsi quest'anno a un incremento del 3,5 per cento. Il Paese - nonostante la guerra sempre in corso contro il narcotraffico - ha ritrovato una certa stabilità politica con la presidenza del conservatore Enrique Pena Nieto. Dall'estero nel 2012 sono arrivati investimenti per 80 miliardi di dollari in azioni societarie e titoli di Stato. Oltre a 12,6 miliardi di investimenti diretti.
Le imprese messicane negli ultimi dieci anni hanno recuperato posizioni sul mercato mondiale e su quello americano, anche nei confronti della concorrenza cinese: puntando sulla qualità della manodopera, sulla posizione geografica vantaggiosa (sempre di più con l'aumento dei costi di trasporto) e sfruttando il graduale incremento dei salari delle concorrenti asiatiche. Dopo aver modellato la propria struttura economica sulla produzione manifatturiera low cost il Messico era rimasto a lungo spiazzato dalla crescita della Cina come fabbrica del mondo. E del resto, non era mai riuscito a sfruttare i vantaggi derivanti dalla domanda cinese di petrolio, ferro e soia come hanno fatto Brasile, Argentina o Venezuela. La missione conclusa ieri in Messico dal presidente cinese Xi Jinping potrebbe aver segnato una nuova fase nelle relazioni commerciali, da sempre molto tese, tra i due Paesi.

Il Messico ha puntato molto sugli accordi di libero scambio, a cominciare dal Nafta siglato proprio con gli Stati Uniti e con il Canada nel 1994, ma proseguendo anche con le intese firmate con l'Unione europea e guardando a Sud, con l'Alleanza del Pacifico, assieme a Colombia, Perù e Cile. Oggi può contare su accordi di scambio con 44 Paesi che garantiscono l'accesso a un mercato potenziale di oltre un miliardo di consumatori e al 67% del Pil mondiale. Un'apertura senza paragoni al mondo che unita allo sviluppo di un mercato interno fatto di 116 milioni di abitanti sta spingendo l'economia nazionale. Il Messico è oggi la 14esima economia al mondo e la seconda in America latina dietro al Brasile.

Non ci sono solo i big dell'auto, le multinazionali come Pfizer e Nestlé, o le grandi società pubbliche come il colosso dell'energia Pemex. Il Messico è diventato terra di eccellenza anche nell'industria delle telecomunicazioni con America Movil e Televisa; nelle componenti meccaniche ad alto contenuto di tecnologia con imprese come Alfa. O negli elettrodomestici con Mabe, società che disegna, produce e distribuisce in 70 Paesi nel mondo. O ancora nella chimica con Mexichem. E di nuovo nell'alimentare, assieme al Grupo Bimbo, con Femsa il maggiore imbottigliatore indipendente di Coca-Cola del mondo e con Gruma leader assoluto nella produzione di tortillas che ha chiuso il 2012 con un fatturato di 4,9 miliardi di dollari.
«Il Messico ha un'economia stabile e molto aperta che sta guadagnando competitività anche nei confronti della Cina», ribadiscono gli esperti di Barclays. Gli scambi commerciali valgono il 68% del Pil messicano e l'export, fatto in gran parte di prodotti manifatturieri, arriva al 33% del prodotto interno lordo, ormai vicino ai 400 miliardi di dollari. Per un buon 80% ancora legati agli Stati Uniti. Dove sempre di più però si mangia il pane "Bimbo".

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