Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 03 luglio 2013 alle ore 16:37.
Nella rosa dei 15 big della cooperazione agroalimentare che spaziano dalle carni avicole all'ortofrutta, dal prodotti lattiero caseari alle carni bovini con griffe come Granarolo e Latteria Soresina, non compare neppure una cooperativa del Sud. Se infatti le 5.900 imprese (fatturato complessivo di 35 miliardi e oltre 94mila addetti) si spalmano più o meno uniformemente su tutto il territorio, l'80% del fatturato si concentra al Nord, ma soprattutto in Veneto, Emilia Romagna, Lombardia, Veneto e Trentino Alto Adige, si collocano le coop con il giro d'affari più significativo (2,9 miliardi per Agricola Tre Valli, 1,2 miliardi per Consorzio Gesco, 940 milioni per Conserve Italia e 864 milioni per Granarolo). Il Mezzogiorno resta una Cenerentola con una base associativa più ampia e un tessuto agricolo frammentato, mentre nelle regioni del Nord la cooperazione ha intrapreso con successo un percorso di consolidamento. È la fotografia scattata dal consueto rapporto, realizzato ogni tre anni, dall'Osservatorio della cooperazione agricola italiana, che è stato presentato oggi a Roma da Legacoop Agroalimentare, Fedagri-Confcooperative e Agci-Agrital.
In aumento produzione e occupati, ma la crisi ora mette a rischio anche il sistema coop
Dall'analisi emerge comunque una tenuta del sistema cooperativo anche se la crisi dell'ultimo anno sta mettendo a dura prova anche le imprese del settore che sono riuscite finora ad aumentare la produzione e non perdere addetti. «Con il calo dei consumi che ha toccato il 5% – ha spiegato Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative e Fedagri e dell'Alleanza delle cooperative agroalimentari– si registra una situazione di deterioramento. Perdono terreno iper e supermercati a vantaggio dei discount dove prevalentemente vengono commercializzati prodotti a basso prezzo e non sempre made in Italy». La lavorazione del prodotto italiano è invece una distintività delle cooperative che rivendicano la validità di un modello che fa leva sul territorio. Anche le imprese di elevate dimensioni – ha spiegato Ersilia Di Tullio, responsabile scientifico dell'Osservatorio– mantengono uno stretto legame con la base associativa i cui conferimenti costituiscono la gran parte del valore degli approvvigionamenti delle materie prime trasformate». Analizzando i singoli comparti il rapporto evidenzia infatti che il «grado di mutualità» raggiunge il 90% nei settori del vino e dell'ortofrutta, è dell'82% nel lattiero caseario e si «limita» al 70% nelle carni. La provenienza dei conferimenti è per quasi l'80% della regione dove opera la cooperativa ed extra-regionale solo per una quota minoritaria.
Le imprese lavorano per l'80% materia prima italiana
«Le coop – recita il rapporto – rappresentano una componente importante dello zoccolo duro della produzione italiana di latte, prodotti freschi e stagionati a denominazione d'origine, in uno scenario dominato dal peso crescente delle multinazionali».I risultati del rapporto, ha sottolineato Gardini, «confermano la vitalità e solidità del modello cooperativo nella missione di valorizzare i conferimenti dei produttori-soci sui mercati nazionali ed esteri». La cooperazione punta dunque a superare le criticità legate alla frammentazione, specie al Sud, e a raggiungere così dimensioni in grado di garantire competitività al sistema. Ma chiede anche di operare alle stesse condizioni di altre strutture che godono di un trattamento privilegiato
Gardini: basta al trattamento privilegiato per i Consorzi agrari
Nel mirino della cooperazione sono finiti i Consorzi agrari che hanno ottenuto il bollino della «mutualità prevalente» per legge che consente le agevolazioni fiscali riconosciute invece solo alle cooperative che dimostrano un rapporto prevalente con i soci.«La legge speciale– ha detto Gardini – a noi è stata negata, o meglio è negata a una parte dell'agricoltura italiana». Il presidente di Confcooperative e Fedagri ha chiesto anche di fare chiarezza sul processo di trasferimento nel fondo Agris del patrimonio immobiliare dei Consorzi agrari «alla base del commissariamento del Cap di Milano».
©RIPRODUZIONE RISERVATA