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Questo articolo è stato pubblicato il 05 luglio 2013 alle ore 19:19.

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Pause non pagate, mezz'ora di lavoro in più. «L'alternativa è chiudere»

Mezz'ora di lavoro in più al giorno non pagata. Secondo la Fiom è quello che succede alla Joint & Welding, azienda di lavorazione dell'acciaio inox a Sedico, nel Bellunese. Il sindacato denuncia che ai dipendenti è stato fatto firmare un accordo per aumentare l'orario, ma non lo stipendio. Colpa della crisi, delle difficoltà dell'impresa, che si difende: «Abbiamo chiesto ai lavoratori di non farsi pagare le pause, e quasi tutti hanno detto sì. L'alternativa è chiudere».

La denuncia sindacale
La vicenda è uscita dalle mura dell'azienda quando la Fiom ha presentato un esposto all'ispettorato del lavoro. «Venti giorni fa sono stato convocato dalla società – racconta il sindacalista Benedetto Calderone. – Chiedeva di far lavorare i dipendenti otto ore e mezza, pagandoli otto. Gli ho risposto che per noi non era fattibile. La sera stessa quattro lavoratori mi hanno chiamato. Dicevano che il titolare era passato nei reparti per fare la stessa proposta, e far sottoscrivere un documento. Ho chiesto un incontro urgente con l'azienda, e l'imprenditore mi ha risposto che lui in casa sua fa quello che vuole».

La Fiom ritiene che Joint & Welding stia violando la legge: «Il contratto nazionale prevede otto ore al giorno. Non mi risulta che ci sia scritto che si può lavorare mezz'ora gratis. Oltretutto così si fa concorrenza sleale». Calderone dice che il titolare si è rifiutato di fargli vedere il documento, e che per quanto ne sa tutti i dipendenti lo avrebbero firmato, a parte due o tre (su un totale di circa trenta). «Non ho mai sentito parlare di una vicenda simile», aggiunge.

Le spiegazioni dell'azienda
L'imprenditore si chiama Eddi Dalla Rosa, e descrive una situazione di forte crisi. «Rispetto a due anni fa il nostro fatturato è diminuito, e nel 2012 abbiamo fatto ricorso alla cassa integrazione. A un certo punto uno non ce la fa più. Dopo due mesi di perdite abbastanza consistenti ho detto ai lavoratori che non potevamo andare avanti così. Ho chiesto una mano al sindacato, e mi è stato detto che l'unica soluzione era usufruire di nuovo degli ammortizzatori. Non posso lasciare a casa le persone: ho dieci grossi clienti, e se ne perdo uno non lo riprendo più».

Dalla Rosa parla di scelta fatta insieme ai dipendenti, e dà una versione diversa da quella della Fiom. «Non è che si lavora mezz'ora in più: non si pagano le pause. I dipendenti non hanno firmato nulla, è stato un accordo verbale, per alzata di mano. Solo due hanno detto no». L'imprenditore insiste sulle difficoltà che lo avrebbero portato a seguire questa strada: «Nessuno aiuta piccole aziende come la nostra. Abbiamo dovuto scegliere tra vivere o morire. Non è facile tenere insieme una realtà di 30 persone, servono sacrifici. Spero che la bufera passi presto». Oltre a quella economica, ora deve affrontare anche quella sindacale.

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