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Questo articolo è stato pubblicato il 10 luglio 2013 alle ore 06:51.

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MILANO - Oggi alle 12 si chiude il secondo bando per la vendita dell'82,4% della Serravalle, la società autostradale controllata dalla Provincia di Milano tramite la holding Asam. E per la seconda volta, salvo offerte dell'ultima ora, la gara dovrebbe andare deserta. Interessamenti, si dice negli ambienti vicini al consiglio d'amministrazione, ci sarebbero stati; anche qualche richiesta di accesso alla data room. Ma, a quanto sembra, nulla più di questo.

A scoraggiare gli investitori privati sarebbe stato un prezzo di vendita considerato troppo alto, pari 660 milioni, 4,45 euro ad azione, e una percentuale all'asta poco interessante, ben oltre la quota di controllo.

Ad appesantire il bando c'è inoltre la questione fondamentale degli aumenti di capitale da realizzare in tempi brevi per la messa a punto dei project financing delle società partecipate Pedemontana e Tangenziale esterna di Milano. Elemento, questo, che nei fatti fa lievitare il prezzo di gara a circa 1,2 miliardi.

Nei mesi passati l'ipotesi che sembrava più plausibile era quella di una cordata composta da tre soggetti: il fondo brasiliano Btg Pactuale, Cassa depositi e prestiti e Autostrade per l'Italia. Ma poi più nulla.

Secondo i principali investitori - tra cui il fondo italiano per le infrastrutture F2i, attento ai principali dossier del paese - la cessione di Serravalle sarebbe stata interessante, ma probabilmente ad un prezzo non superiore ai 3 euro ad azione. L'azionista pubblico invece (la Provincia di Milano, col 52,9%, il Comune di Milano, col 18,6%, più altri enti locali lombardi con quote minori) ha riproposto lo stesso prezzo anche dopo la prima gara andata deserta a fine 2012, limitandosi a prolungare il periodo di offerta di altri 6 mesi. Gli enti locali erano infatti convinti che qualcosa si sarebbe mosso nel mercato, e che non si doveva correre il rischio di una svalutazione.

La società - che in parte è proprietaria autostradale e in parte concessionaria - sembra dunque destinata a rimanere in mano pubblica. Con una serie di incognite, prima fra tutte l'estinzione delle province, che a fine anno dovranno cedere le loro partecipate o alle città metropolitane (se verrà trovata una quadra giuridica attraverso una modifica costituzionale) o alle regioni. Tutto ancora da chiarire.

Nei prossimi mesi inoltre si porrà il problema di come realizzare le grandi opere strategiche della galassia Serravalle, peraltro inserite nel dossier di candidatura di Expo. Si tratta della Pedemontana e della Tangenziale ad Est di Milano.
Per quanto riguarda Pedemontana, 67 km da Cassano Magnago (Varese) a Osio Sotto (Bergamo), occorrono 5 miliardi, e per ora ha ricevuto solo 300 milioni di equity e 200 milioni circa di prestito ponte, più il finanziamento pubblico da circa 200 milioni da parte di Cal, la concessionaria regionale (su un totale di 1,2 miliardi garantiti dal settore pubblico). Per quanto riguarda la Tangenziale ad Est di Milano, lunga 32 km e fondamentale per garantire uno sbocco alla Brebemi (in dirittura d'arrivo), occorrono 2 miliardi. Per ora sono stati versati 220 milioni di capitale e ha ottenuto un prestito ponte da 120 milioni.

Intanto il 16 luglio l'assemblea di Serravalle dovrà rinnovare il cda. Dovrebbe essere confermato il presidente uscente Marzio Agnoloni, che si avvale dell'interpretazione del decreto anti-corruzione elaborata dalla commissione Civit, in base alla quale la riconferma delle cariche è compatibile con la norma. Dovrebbero rimanere anche il rappresentante della Camera di Commercio, Claudio De Albertis, e il manager del gruppo Gavio, Giovanni Angioni. In attesa di conferma anche il rappresentante del Comune di Milano Francesco Bertolini. Dovrebbero entrare Daria Pesce e Antonella Faggi. Escono il vicepresidente Paolo Besozzi, Luigi Giuliano e Franco Cesare Lo Passo.

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