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Questo articolo è stato pubblicato il 10 luglio 2013 alle ore 06:49.

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«Italia ancora in ritardo sul digitale»

La domanda del digitale ha una doppia velocità: una parte della popolazione è ai margini della Rete mentre 38 milioni di italiani dichiarano di accedere a Internet (18 dei quali attraverso smartphone e 3,7 da un tablet). Gli operatori Tlc devono effettuare un "salto" negli investimenti per consentire il passaggio alle reti di nuova generazione, che stentano a svilupparsi in Italia. La separazione della rete di accesso di Telecom Italia può costituire un'opportunità, se finalizzata allo sviluppo delle nuove reti. La disintermediazione dei contenuti fa avanzare gli aggregatori ma il ruolo della produzione di quelli originali non viene meno e va difeso nei confronti dei pirati informatici.

Angelo Cardani, presidente dell'Agcom, presenta la Relazione annuale analizzando prima la domanda e poi l'offerta dei nuovi servizi di comunicazione. Il 37,2% degli individui non ha mai avuto accesso a Internet (22,4% la media Ue) ma chi accede lo fa con più frequenza rispetto alla media degli altri paesi europei. Le famiglie che, nel 2012, hanno avuto accesso alla banda larga erano il 49% di quelle totali; quelle comprendenti almeno un minorenne salgono al 71% di questa parte della popolazione. Si attendono i giovani "bandivori", ma l'Italia ha fatto molto «per rallentare lo sviluppo digitale: attendismo dei mercati, responsabilità della politica e difficoltà della regolamentazione e ora la crisi».

Mentre le dimensioni del mondo online crescono, i servizi di telecomunicazione sembrano aver perso centralità: il loro contributo al Pil nazionale scende dal 3,2% del 2006 al 2,4% del 2012 mentre la spesa delle famiglie per servizi di comunicazione scende a sua volta dal 2,4% al 1,9% sul totale dei consumi, anche per la «pressione concorrenziale sui prezzi finali».

Il problema è che, in prospettiva, non bastano «le reti e i servizi attuali», visto lo sviluppo della domanda: «È necessaria una discontinuità - sottolinea il presidente dell'Agcom - anche nell'ordine della grandezza degli investimenti» per passare alle reti di nuova generazione (fissa e mobile). Per ora, «le nuove reti stentano a svilupparsi in Italia ancor più che in Europa»: sopra i 10 Megabit l'Europa è al 59%, «da noi ristagna al 14%».

La digitalizzazione, in ogni caso, ha rotto le barriere tra telecomunicazioni e televisione. I contenuti subiscono un processo di disintermediazione, che favorisce gli aggregatori rispetto all'editoria tradizionale, ma «non viene meno il ruolo della produzione di contenuti originali». Questi ultimi vanno protetti dai «pirati informativi». Cardani non annuncia scadenze per il Regolamento sul diritto d'autore on line, confermandone i tre "pilastri": educazione alla legalità, promozione dell'offerta legale e azione di repressione dell'illegalità rispettando i principi di garanzia, ragionevolezza e proporzionalità.

Sui media, l'Agcom registra il calo degli introiti: la televisione perde l'8,7% annuo, non distribuito equamente: gli "altri" operatori perdono il 21% degli introiti, Mediaset il 13%, la Rai il 7,5% e Sky solo l'1,4%. Il canone (+2,3%) è l'unica fonte di reddito a non subire flessioni quando la pubblicità cala quasi del 18%. Sky, grazie alla tenuta degli introiti pay, è il primo gruppo per fatturato seguito da Mediaset, che perde quasi 400 milioni annui di pubblicità e dalla Rai, che ne perde più di duecento. L'Agcom annuncia un'indagine sui mercati che compongono il Sic per verificare l'esistenza di «eventuali posizioni dominanti». Se un mercato è quello della tv gratuita, dov'è compreso il canone, che non è contendibile, di posizione dominante si può trovare solo quella di Sky nella pay tv (77% dei relativi ricavi). Le tv generaliste continuano ad avere una quota «considerevole» dell'audience: è del 65,5% nel 2012 e non il 75% come dichiara l'Agcom, includendovi i canali tematici di Rai e Mediaset. L'editoria ha perso nell'ultimo anno il 14% del proprio fatturato: la pubblicità che è calata del 19% e i prodotti collaterali del 18,6%.

Cardani non risparmia i toni duri sull'espansione delle competenze della Autorità che presiede (i servizi postali, ndr) «senza alcuna forma di copertura dei costi di funzionamento attraverso il previsto contributo delle imprese» mentre quello statale «è stato azzerato». Tale situazione rischia «di alterare il ruolo di questa Autorità, impedendo di sviluppare funzioni essenziali».

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