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Questo articolo è stato pubblicato il 30 luglio 2013 alle ore 06:46.
L'ultima modifica è del 30 luglio 2013 alle ore 16:39.

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Nella seconda metà degli anni 70 toccò di diritto al Friuli Venezia Giulia il ruolo di simbolo di un'Italia che non si arrende. Un testimone che, nel bene e nel male, è passato ora nelle mani dell'Emilia. Oggi come allora, spicca la capacità di un territorio e del suo tessuto umano e produttivo di rialzarsi e ripartire dopo il colpo da ko inferto dai due terremoti.
Prima del 20 maggio 2012, mai un sisma aveva squassato un territorio a così alta densità produttiva come quello compreso tra Modena, Ferrara e Bologna (senza contare gli sconfinamenti nel Mantovano e in Veneto), in grado di generare circa il 2% del Pil nazionale. Se questo dato poteva essere annoverato tra i miracoli italiani prima delle scosse, dopo se n'è aggiunto un altro: a un anno dal terremoto la produzione è ripresa al 95% e l'ultimo caso simbolo, raccontato oggi, non fa che confermarlo. Ma la presenza di persone, imprenditori, lavoratori capaci di rimboccarsi le maniche e di ripartire, lasciandosi alle spalle qualsiasi difficoltà, non è una prerogativa soltanto emiliano-romagnola. Lo dimostra l'azienda grossetana in grado di rialzarsi e ripartire a nove mesi dall'alluvione che ha devastato la Maremma.

L'Italia non è solo quella della crisi, del Made in italy che passa in mani straniere (pur con la consolazione, magra, di un implicito riconoscimento di eccellenza), del Pil che si erode e di chi è costretto a spostarsi oltreconfine per poter competere. L'Italia è anche quella dei miracoli nascosti, che emergono quotidianamente, come quello dell'azienda meccanica bergamasca capace di acquisire il concorrente tedesco e come quelli descritti in questa pagina.
Si può parlare di miracoli perché, di fronte al livello di total tax rate, al costo dell'energia penalizzante, alla burocrazia asfissiante, i primati competitivi di certi settori e di certe realtà risultano inspiegabili. E quando, come nei casi dell'Emilia o della Toscana, alle "calamità strutturali" si sommano quelle naturali, allora i miracoli valgono veramente il doppio.

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