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Questo articolo è stato pubblicato il 28 agosto 2013 alle ore 06:47.

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A Forlì garanzie comuni contro la crisi

Un fondo privato di garanzia territoriale salverà e rilancerà le imprese forlivesi, alle prese con una crisi senza precedenti e i disinvestimenti delle multinazionali. A lanciare la proposta di una "stampella" finanziaria per le imprese sono state le tre sigle sindacali confederali poco prima della pausa estiva, che hanno già raccolto l'adesione informale della Fondazione CariForlì, della Camera di commercio e del Comune di Forlì. A inizio settembre si aprirà il tavolo per decidere come realizzare un progetto parallelo e aggiuntivo rispetto a iniziative dei Confidi o della Cassa depositi e presiti.

«L'obiettivo sarebbe coinvolgere in modo trasversale tutti gli attori istituzionali e bancari del territorio – spiega Alberto Zambianchi, presidente uscente dell'ente camerale – in una logica sia di difesa dei posti di lavoro sia di attacco, offrendo condizioni agevolate alle imprese che stanno riagganciando la ripresa e vogliono fare investimenti». I segnali di una timida inversione di rotta starebbero emergendo anche nel comprensorio di Forlì – terra di piccole imprese manifatturiere multisettoriali – e non solo nel Cesenate, dove l'agroalimentare tieni su di giri il motore dell'economia e dove i colossi Amadori o Orogel affiancano big come il gruppo Trevi (ingegneria civile) o Technogym (attrezzature fitness) capaci di affrontare il crollo dei mercati occidentali con spalle larghe e traiettorie internazionali.

I numeri ufficiali raccontano però ancora di credito razionato (i prestiti bancari sono scesi del 9% negli ultimi due anni), di emorragia di imprese (1.200 aziende sparite dal 2008 a oggi, con un trend del -1,2% solo nell'ultimo anno), di lavoro cancellato (i disoccupati sono saliti al 7,8%, dal 3,8 del 2007) e di ammortizzatori alle stelle (+51% la cassa ordinaria e + 97% la straordinaria nei primi sei mesi del 2013) in una provincia in media con il resto della regione e una vistosa eccezione, la bassa propensione internazionale: 25,3% (l'export sul valore aggiunto) a Forlì contro il 39,7% della regione. Un dato che – secondo la Cdc – sconta le microdimensioni aziendali (il 93,7% delle 50mila unità locali ha meno di dieci addetti) e l'altissima presenza di terzisti, almeno 4mila ditte subfornitrici di componentistica.

La capitale industriale europea della cottura a gas e dei forni (con lo stabilimento Electrolux) e del mobile imbottito (un distretto dimezzato nell'ultimo decennio ma ancora competitivo con le sue 437 aziende, per 3.700 addetti e 500 milioni di business) è messa a dura prova anche dai dietrofront delle multinazionali, dalla metalmeccanica alla cantieristica. Se gli svedesi di Dometic manteranno a Forlì solo la ricerca lasciando a casa la metà degli organici per dare lavoro ai cinesi, la proprietà tedesca di Bavaria Yacht si è a sua disimpegnata sui finanziamenti al Cantiere del Pardo, «che ha aperto a fine marzo un anno di cassa straordinaria per i 140 dipendenti; e manca visibilità anche per i cantieri Ferretti, visto che i cinesi di Weichai Group hanno un piano industriale a termine, hanno già trasferito 70 persone nel sito pesarese di Mondolfo e dell'avvio dei cantieri per il nuovo capannone non c'è traccia», afferma l'assessore provicincale al Lavoro Denis Merloni, che tra settembre 2009 e lo scorso giugno ha gestito 438 tavoli di crisi. Merloni chiama fuori la Provincia dal progetto di un fondo per sostenere il credito, «non abbiamo finanza aggiuntiva, l'unica possibilità di successo per il progetto è mettere in gioco il patrimonio delle fondazioni bancarie», dice.

Così come brucia la ferita dovuta alla chiusura dell'aeroporto di Forlì, collassato quest'anno sotto il peso di passivi milionari, tra inefficienze gestionali, fuga delle compagnie low cost verso Bologna e declassamento deciso dal piano Passera. «Qui parlare di qualcosa che va bene è quasi un sogno – afferma Vanis Treossi, segretario organizzativo della Cisl romagnola – in tutti i settori c'è una morìa dei piccoli imprenditori. Stiamo raggiungendo i 35mila disoccupati». Eppure qualcosa si muove, è il messaggio che arriva da Unindustria Forlì Cesena, che da gennaio 2012 ha unito piccola e grande industria in un'unica sigla, esempio di quella capacità di fare sistema che il direttore Massimo Balzani riconosce a tutto il territorio. «Siamo l'unica zona dell'Emilia-Romagna – spiega – dove 14 associazioni di categoria, tra agricoltura, industria, artigianato, sono riunite in una sola voce per l'economia». Una coralità che ha permesso a Forlì di trovare in 5 giorni una via d'uscita (ovvero il supporto di Fondazione CariForlì e Cdc) di fronte al rischio che non si facesse più il Centro interdipartimentale di ricerca industriale, il cuore del futuro tecnopolo, e di richiamare in città Oscar Farinetti, che nell'agosto 2014 aprirà nella piazza centrale un Eataly. «Ora - conclude Balzani - dobbiamo fare squadra e trovare una soluzione per l'aeroporto Ridolfi. Grida vendetta che resti inutilizzata la pista di una città che già oggi è il polo europeo d'eccellenza nella formazione aeronautica».

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