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Questo articolo è stato pubblicato il 29 agosto 2013 alle ore 06:52.

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Riva, scoperti altri 700 milioni

Indagini anche alle Bahamas e in Nuova Zelanda
Che le indagini siano solo all'inizio lo dimostra la facilità con la quale soldi e società spuntano nei più disparati paradisi fiscali. Oltre a quelli nell'isola del Canale, gli investigatori hanno scoperto altri due trust, uno alle Bahamas e l'altro in Nuova Zelanda, entrambi riconducibili alla famiglia Riva. E in effetti si indaga ormai a 360 gradi, anche perché esaminando i bilanci della Riva Fire e dell'Ilva gli investigatori si sono trovati di fronte a parecchi punti oscuri e vogliono vederci chiaro su alcune operazioni sospette che portano in Lussemburgo. Qui ha sede la Stahlbeteiligungen Holding (Stahl), società attraverso la quale i Riva controllano gli impianti siderurgici non italiani. La Stahl ha effettuato nel 2006 due prestiti all'Ilva per un totale di 470,5 milioni di euro e nel 2012 ha prestato altri 363,7 milioni alla Riva Fire. Gli inquirenti vogliono capire se queste operazioni abbiano una motivazione industriale o se siano servite soltanto ad abbattere gli utili dell'Ilva e della Riva Fire attraverso il pagamento degli interessi passivi e a ridurre quindi il carico fiscale.

I 600 milioni dell'Ilva finiti in Lussemburgo
Un'altra operazione considerata "sospetta" è quella che ha consentito tra il 1996 e il 1997 di spostare 600 milioni di dollari dall'Ilva alla controllata lussemburghese Parfinex. Nel 1996 Parfinex viene ricapitalizzata con 98 milioni di dollari provenienti dall'Ilva International Spa e l'anno successivo altri quattro aumenti di capitale a distanza di pochi mesi l'uno dall'altro trasferiscono ulteriori 500 milioni dall'Ilva. Dove sono finiti quei soldi, considerando che nel 2012 Parfinex è stata fusa con la Stahlbeteiligungen?
E c'è un altro dubbio che arrovella gli investigatori. Le società lussemburghesi del gruppo (Ilva International SA, Stahlbeteiligungen Holding, Utia e Parfinex) non hanno dipendenti e da alcuni primi indizi risulterebbero gestite dall'Italia: sono società esterovestite, con tutte le conseguenze fiscali e penali che una eventuale esterovestizione comporterebbe? Saranno le indagini ad appurarlo.

In Italia i primi soldi del maxi-sequestro
Nel frattempo sono confluiti nel Fondo unico della giustizia (Fug) i soldi liquidi degli otto trust coinvolti nel sequestro dei beni dei Riva: si tratta di Orion, Sirius, Venus, Antares, Lucam, Minerva, Paella e Felgam Trust, quasi tutti gestiti dalla Ubs Trustee di Jersey. Ubs ha collaborato con gli inquirenti trasferendo il denaro dai conti accesi presso la sua filiale di Ginevra a quella italiana, dalla quale sono stati poi deposistati nel Fug.
Nell'inchiesta milanese sono coinvolti anche due professionisti dello studio legale tributario Biscozzi Nobili, del quale i Riva si servivano anche per la pianificazione fiscale del gruppo: i due commercialisti sono Emilio Gnech e Franco Pozzi, entrambi accusati di riciclaggio. Ebbene, nelle indagini compiute a Jersey è spuntato anche un trust il cui beneficiario è Emilio Gnech. Il trust amministra fondi per alcuni milioni di euro: noccioline rispetto alle maxi-fortune accumulate dai Riva. Ma a Jersey c'è spazio per tutti.

Aggiornamento del 21 luglio 2021: con decreto del Gip di Milano del 3 aprile 2020, il procedimento nei confronti dei commercialisti Emilio Pozzi e di Emilio Ettore Gnech, oltre che degli altri indagati, è stato archiviato, per mancanza di elementi a sostegno dell’accusa.

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