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Questo articolo è stato pubblicato il 05 settembre 2013 alle ore 15:24.

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Jeremy Rifkin (LaPresse)Jeremy Rifkin (LaPresse)

«E se non ci riuscite voi, chi può farlo?». La sala convegni di Assolombarda è gremita e ascolta in silenzio l'intervento di Jeremy Rifkin. A loro, alle centinaia di imprenditori e manager presenti, si rivolge il guru mondiale dello sviluppo sostenibile, per chiedere che proprio da qui, dalla prima economia nazionale, possa partire quella svolta che accompagni l'Italia verso la terza rivoluzione industriale, cavallo di battaglia che Rifkin propone da anni attraverso libri, saggi e collaborazioni con diversi governi, istituzioni e aziende.

Una discontinuità comunque inevitabile per lo scrittore ed economista, perché l'era dei combustibili fossili è ormai giunta al tramonto, sia per i costi crescenti che le fonti tradizionali avranno nei prossimi anni, sia per l'insostenibile impatto ambientale sul pianeta e sulla nostra specie, che oggi affronta un vero e proprio "evento estintivo" per l'eccessivo utilizzo di carbonio.
Scenario apocalittico, con la previsione di un innalzamento di almeno tre gradi centigradi in un secolo, il cambiamento del ciclo dell'acqua, il rischio di sconvolgimenti climatici e di danni irreversibili.
A tutto ciò si può però porre rimedio modificando gli schemi di produzione e consumo di energia, spingendo l'utilizzo di fonti rinnovabili ma soprattutto il network. La chiave di volta è proprio questa, la disponibilità di tecnologie che possano mettere in comunicazione una miriade di punti capillari di produzione, dove gli attuali impianti potranno essere soppiantati dalle singole case, in prospettiva vere e proprie microcentrali capaci di soddisfare il consumo interno ma anche di stoccare e cedere il surplus alla rete.

«Dall'integrazione verticale - spiega - si passerà a quella laterale, con il potere che andrà ai singoli soggetti privati, capaci di produrre energia a costi marginali vicini allo zero. E questo sarà anche rivoluzionario per la produzione e per il mondo del lavoro, con la possibilità di creare milioni di nuovi addetti nel rifacimento delle case, nella costruzione delle reti, nello sviluppo delle tecnologie».
La platea ascolta in silenzio, applaude convinta, difficile non restare affascinati e in parte anche turbati dallo scenario che ci attende, un cambiamento non solo nell'utilizzo dell'energia ma più pervasivo, in grado di modificare profondamente l'assetto geopolitico e le relazioni tra Stati, i rapporti sociali, i modi di produzione.

«Attenzione però - ribatte Leonardo Maugeri, ex manager Eni ed economista concentrato proprio sui temi dell'energia - perché questa visione non fa i conti con i costi e con le tecnologie, e nelle rinnovabili non siamo stati finora in grado di sviluppare alternative efficienti alle fonti fossili. Non dimentichiamo che la prima cella fotovoltaica risale al 1883 e oggi siamo ancora al 13-15% di efficienza nell'utilizzo dell'energia solare per produrre elettricità». Un percorso lento, dunque, ben diverso, ricorda Maugeri, da quello realizzato nell'information technology, con brusche riduzione di costo e guadagni di produttività realizzati in pochi anni.
«Con il dovuto rispetto - ribatte Rifkin – mi pare che viviamo in mondi diversi, se ha ragione lei ha torto la Germania, che con le rinnovabili produce il 25% del proprio fabbisogno. Voi dovreste pensare alle future generazioni e pianificare il futuro piuttosto che vivere nel passato. Ma sull'Italia sono fiducioso e per il paese la Lombardia e Milano possono fare da apripista».

Il botta e risposta prosegue e nella tavola rotonda, tra visione e realismo, il direttore generale della Rai inserisce la "terza via". «Forse non accadrà in modo rapido - spiega Luigi Gubitosi - ma certamente il cambiamento nel mondo dell'energia sarà inevitabile e sarebbe un grave errore per l'Italia farsi trovare impreparata. E credo anche che l'informazione potrà svolgere in questo senso un ruolo cruciale, il dibattito su questi temi dovrà certamente essere molto serrato».
Intanto, l'invito di Rifkin alla comunità imprenditoriale milanese viene raccolto dal presidente di Assolombarda Gianfelice Rocca, che vede proprio in Milano un grande laboratorio di innovazione, grazie al network di imprese, distretti e università.
«I due trend che stanno emergendo con forza - spiega Gianfelice Rocca - sono da un lato l'ipotesi di un futuro carbon-free sostenibile, dall'altro lo sviluppo di nuove tecnologie per l'estrazione di idrocarburi. Questi trend implicano opportunità per lo sviluppo futuro di imprese e territori di cui anche il nostro Paese potrà beneficiare».

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