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Questo articolo è stato pubblicato il 06 novembre 2013 alle ore 13:14.
L'ultima modifica è del 06 novembre 2013 alle ore 17:11.

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Hanno ucciso la vocazione naturale all'agricoltura e hanno trasformato il territorio italiano in una cloaca di veleni. Geomagnetometro in spalla e via alla scoperta dell'Italia più spettrale: terre sature di metalli pesanti come piombo, stagno, cadmio, nickel, cobalto, molibdeno e berillio. Ma anche pozzi d'acqua con arsenico, floruri, manganese, solfati e solventi come toluene, tetra cloro etilene e dicloro metano.

Conosciute come terre dei fuochi o terre dei veleni, nascondono sotto un manto di verdure e di ortaggi i fusti chimici dell'ecomafia seppelliti a un metro e mezzo sotto terra. Sono 22, nel rapporto Rifiuti Spa di Legambiente, gli stati esteri coinvolti che minacciano l'ambiente, la salute e l'economia italiana, 39 i clan censiti e 7 mila i chilometri di rifiuti cioè gli stessi chilometri della Silk road.

Rifiuti Spa è un'inchiesta del febbraio 2012 che riguarda il più grande disastro ambientale consumato sul suolo italiano negli ultimi vent'anni, un disastro quello del traffico dei rifiuti illeciti che mette a disposizione servizi a basso costo super richiesti attraverso la struttura di una holding criminale capace di rafforzare il suo tratto manageriale e imprenditoriale. In questo modo l'Italia si trova di fronte alla montagna di monnezza d'oro, così considerata dal pentito Perrella in quanto fonte inarrestabile di ricchezza.

Mappamondi della monnezza partiti dalla Lombardia e in particolare dai centri di smaltimento di Milano, Brescia e Pavia che approdano tra il napoletano e il casertano e illustrano l'altra faccia della medaglia industriale italiana. Quali le città, le industrie e i centri altamente inquinanti?

La geografia dei residui illeciti messi in luce da Legambiente e dalle numerose inchieste (Operazione Cassiopea, Re Mida, Mosca, Agricoltura Biologica e Rifiuti spa) non vede più coinvolte solo le regioni sulla direttiva che da Nord porta a Sud ma tutte le regioni italiane (tranne Valle d'Aosta) che, però, continuano a mantenere come principale destinazione del flusso criminale le terre tra Napoli e Caserta e in particolare il triangolo Qualiano, Giugliano e Villaricca. Due città definite, dai magistrati maggiormente impegnati sul fronte dei rifiuti, una Chernobyl tutta italiana. Ma quali sono i luoghi da cui partono i rifiuti accumulati nella terra dei fuochi? Ecco le rotte dei rifiuti speciali verso la terra dei fuochi.

L'ex discarica Resit (Setri) a Giugliano, 200 ettari nell'hinterland a nord di Napoli compromessi fino al 2064 costituisce la più grande cloaca di monnezza a cielo aperto. Più di 341 mila tonnellate di rifiuti speciali pericolosi uniti a 500 tonnellate di rifiuti speciali non pericolosi produrranno veleni da percolato che raggiungendo le falde e inquinando inesorabilmente il terreno. Un disastro ambientale che le holding mafiose hanno procurato sotto gli occhi di uno Stato impavido e disattento con gravi episodi di connivenza, si legge nell'operazione Rifiuti Spa. La proprietà della discarica, oggi tar le aree dell'Arpac che sono in attesa di bonifica, era dell'avvocato Cipriano Chianese a cui sono stati confiscati beni e conto correnti per essere stato il cervello dei Casalesi negli affari di smaltimento illecito dei rifiuti risalente agli anni Novanta.

La società "Nuova Esa" a Venezia e la "Servizi Costei" di Porto Marghera sono i più grandi impianti di gestione dei rifiuti in Italia che scaricavano nella Terra dei Fuochi. Le sentenze passate in giudicato hanno dimostrato la rotta che dal Veneto portava in Campania rifiuti provenienti dal trattamento dei fumi industriali, fanghi di drenaggio, ceneri leggeri e fanghi pericolosi provenienti dalle acque reflue industriali.

Brescia è la provincia italiana che ha il primato di rifiuti tossici con una produzione di 4,5 tonnellate l'anno di cui 1,5 provengono dal comparto siderurgico: l'operazione Adelfi scoprì che 18 mila tir scaricavano a Caserta 300 mila di tonnellate di scorie. Il traffico di rifiuti si è dislocato successivamente fra Chiari e Pontevico sono stati scoperti 12 chilometri di manto stradale costruito con asfalto composto da scorie non inertizzate.

Il distretto tessile di Prato raccoglieva le pezze provenienti da tutte le regioni del nord Italia e le spediva alla volta della Campania. I cenci di abbigliamento venivano in parte destinati al mercatino dell'usato mentre il resto degli introiti era ricavato dal clan Iacopino che pagava le pezze per appiccare i fuochi della camorra. L'inchiesta che fa riferimento al distretto tessile di Prato è denominata Eurot dalla cui desinenza derivava il nome di quasi tutte le società di stracci residenti a Prato.

E non mancano le concerie della Toscana, la regione più green d'Italia, poiché si evince dalle operazioni Re Mida, Mosca e Agricoltura biologia, che i fanghi conciari venivano riversati nel triangolo della Terra dei Fuochi.

Inoltre, l'operazione Re Mida articolata in più fasi documenta che nel 2004 gli oli minerali e i fanghi industriali di due società milanesi finivano nei campi agricoli della Terra dei Fuochi mentre, invece, nel 2007 si scopre che i consorzi pubblici impiegati a Milano e Massa Rosa (in provincia di Lucca) spedivano i rifiuti provenienti dalla separazione meccanica dei rifiuti solidi urbani nella cava a Quarto (Napoli), oggi sotto sequestro.

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