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Questo articolo è stato pubblicato il 04 dicembre 2013 alle ore 11:50.
L'ultima modifica è del 04 dicembre 2013 alle ore 11:55.

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Vale 60 miliardi il business dei furbetti del gusto che sfruttano l'immagine dei prodotti alimentari Made in Italy costruita nel tempo dagli agricoltori italiani per vendere nel mondo tarocchi che nulla hanno a che fare con la realtà produttiva nazionale. È quanto emerge da uno studio presentato dalla Coldiretti che a più riprese ha denunciato le opere più improbabili realizzate dai pirati del gusto, dal Barbera bianco prodotto in Romania al Gorgonzola grattugiato Made in Usa, dal Barolo canadese al Nebbiolo svedese entrambi in polvere.

Alla perdita di opportunità economiche ed occupazionali si somma - sottolinea la Coldiretti - il danno provocato all'immagine dei prodotti nostrani soprattutto nei mercati emergenti, dove spesso il falso è più diffuso del vero e condiziona quindi negativamente le aspettative dei consumatori. In testa alla classifica dei prodotti più clonati ci sono i formaggi partire dal Parmigiano Reggiano e dal Grana Padano che ad esempio negli Stati Uniti in quasi nove casi su dieci sono sostituiti dal Parmesan prodotto in Wisconsin o in California. Ma anche il Provolone, il Gorgonzola, il Pecorino Romano, l'Asiago o la Fontina. Poi ci sono i nostri salumi più prestigiosi: dal Parma al San Daniele, che spesso vengono "clonati", ma anche gli extravergine di oliva e le conserve come il pomodoro san Marzano che viene prodotto in California e venduto in tutti gli Stati Uniti.

E recentemente sul mercato sono arrivati anche i wine kit che con polveri miracolose promettono in pochi giorni di ottenere a casa le etichette più prestigiose come il Barolo o il Nebbiolo ma anche, Lambrusco, Chianti o Montepulciano. A differenza di quanto accade per la moda dove a copiare sono soprattutto i paesi poveri per il cibo Made in Italy le imitazioni proliferano specialmente in quelli ricchi, con gli Stati Uniti e l'Australia in testa, dove – sottolinea la Coldiretti - ci sono consumatori che hanno disponibilità economiche più elevate e sono affascinati dal cibo del nostro Paese.

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