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Questo articolo è stato pubblicato il 09 gennaio 2014 alle ore 16:58.
L'ultima modifica è del 09 gennaio 2014 alle ore 17:08.

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Gli atti acquisiti dalla Direzione antimafia della Procura della Repubblica di Napoli presso Regione Campania, Arpac e Comando militare americano e nove laboratori clinici serviranno a chiarire se è potabile l'acqua della regione Campania e come vengono effettuate le analisi su di essa.

Un'esigenza avvertita, peraltro, dopo che pochi mesi fa il settimanale l'Espresso, riprendendo parte di uno studio fatto dagli americani sulle condizioni ambientali della regione, aveva lanciato l'allarme. Successivamente gli stessi americani, promotori dello studio, hanno chiarito e ridimensionato la portata delle conclusioni cui erano giunti. E da più parti sono state offerte rassicurazioni. Ma la Procura ha voluto andare a fondo e non accontentarsi solo dei risultati dei controlli eseguiti.

Da qui l'acquisizione degli atti – che presumibilmente continuerà – relativi ad analisi effettuatae nel lungo periodo tra il 2009 e il 2013 da Arpac (Agenzia per l'Ambiente), dalle Asl e dai gestori degli acquedotti di tutta la regione, ancora molto numerosi, non avendo la Campania adeguato la propria struttura di gestione del ciclo integrato delle acque alle indicazioni della legge Galli.

L'indagine, coordinata dal procuratore aggiunto Francesco Greco, al momento è coperta dal segreto e non si escludono ulteriori sviluppi nei prossimi giorni.
Si tratterebbe di un filone d'inchiesta nato da una precedente inchiesta innescata da un esposto dell'assessore all'Ambiente Giovanni Romano il quale, dopo un'indagine amministrativa interna, nel 2011 aveva denunciato con tanto di dossier, il frequente e ingiustificato ricorso alle procedure di massima urgenza nell'affidamento di incarichi e lavori. «Registrammo l'anomalia di un eccessivo ricorso ad affidamenti diretti – racconta Romano – e dopo una breve inchiesta interna ne parlai in due audizioni in commissioni consiliari e poi inviai il dossier alla Procura». A quanto sembra i magistrati avrebbero avviato controlli su una settantina di imprese più volte impegnate nella manutenzione delle condotte idriche regionali. E si è ipotizzato che tra queste ve ne sarebbero alcune legate al clan dei casalesi che negli anni passati sono state più volte affidatarie di lavori nell'area dell'agro aversano e nei pressi di Gricignano d'Aversa. Proprio dove per molti anni ha avuto sede la base dei militari della Us Navy, quelli che poi avvertirono l'esigenza di fare un'analisi del rischio ambientale.

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