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Questo articolo è stato pubblicato il 21 febbraio 2014 alle ore 06:45.

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VENEZIA. Dal nostro inviato
Ipsia. Non è il nome di una dea greca, ma il burocratico acronimo di Istituto professionale di stato per l'industria e l'artigianato. Mettete a confronto il suono aristocratico, quasi flautato, di liceo classico, che peraltro ha il pregio di sintetizzare un intero corso di studi, con quello ermetico di Ipsia. Un destino già nel nome. Che il deficit scientifico italiano sia frutto dei colpi a vuoto dell'antipedagogia onomastica? I fautori della scuola classista saranno soddisfatti, ma forse li sorprenderà scoprire che a dispetto dell'infelice acronimo («dovremmo chiamarle scuole politecniche», suggerisce Stefano Micelli) l'Ipsia Galileo Galilei di Castelfranco Veneto, uno dei migliori d'Italia, sforna ogni anno il meglio dell'intellighenzia meccanica ed elettrotecnica del Nordest.
Seicento iscritti, tutti maschi, eccetto due donne (e questo qualche dubbio sull'appeal del nome dovrebbe farlo sorgere), che al mattino strisciano il badge nell'apposita macchinetta e da quell'istante sono tracciabili dalle famiglie e dai professori, da cinque anni incollati al registro elettronico che compulsano attraverso l'inseparabile Ipad. L'edificio è in mattoni rossi, i corridoi luminosi, laboratori con macchinari d'avanguardia, una zona ristoro che si affaccia sul parco interno con tavolini colorati e forno a microonde. Una scuola moderna, razionale, spaziosa, malgrado l'avesse voluta l'ex partigiano e deputato democristiano della Costituente Domenico Sartor nei lontani anni Cinquanta. Sartor, che fu più volte sindaco di Castelfranco, aveva due chiodi fissi: scuole e ospedali d'avanguardia. Prima di costruire il nosocomio della sua città girò mezza Europa alla ricerca di un modello funzionale e architettonico che a distanza di mezzo secolo mostra ancora la sua modernità.
Il Galilei è sinonimo di innovazione. Il professore di elettronica Daniele Pauletto ha messo a disposizione del Comune di Castelfranco un paio di droni per la distribuzione dei farmaci agli anziani messi a punto con i suoi studenti. Nonostante le regole sempre più restrittive dell'Enac sull'uso di questi piccoli velivoli, i ragazzi stanno sperimentando pure un drone sommelier. È un dettaglio che per comprare un piccolo velivolo negli States Pauletto abbia investito cinquecento euro della sua tredicesima. Lui si schermisce: «Non ho fatto niente di eroico. I fondi della scuola sono quelli che sono e i ragazzi tengono tantissimo a questo lavoro». Santa umiltà.
Gli studenti raccontano di aver scelto il Galilei grazie al passa parola di parenti o amici che già l'avevano frequentato. Nazzareno Bolzon, il vicepreside esecutivo con laurea in Lettere antiche all'università di Padova, cita un dato che dovrebbe far riflettere: «Ogni anno i 30 diplomati dell'indirizzo meccanico trovano lavoro nel giro di qualche mese». Spesso sono contesi da altre aziende che li contattano nella società che è stata più lesta ad assumerli. Spiega il vicepreside: «Avremmo bisogno almeno del doppio di diplomati per soddisfare le richieste: ma gli iscritti sono calati di un terzo in dieci anni». Bolzon, da uomo di lettere, lancia la sua proposta sul nome: «Farei come in Francia, dove tutte le scuole si chiamano licei». Liceo artigiano o scuola politecnica, decida il ministero. E gli iscritti, come per incanto, lieviteranno.
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